martedì 30 dicembre 2014

A Sant'Alfio il millenario castagno più grande del mondo


L'articolo di Alberto Cardillo dedicato al leggendario Castagno dei Cento Cavalli.

sabato 11 ottobre 2014

Salvo Andò: “Crocetta non è in grado di governare, tira a campare. La Sicilia non può permettersi questo lusso”

Il Governo regionale è sotto assedio. Non passa giorno che non veda crisi politiche, sceneggiate di ogni tipo, denunce del Governatore su (presunti) continui complotti contro la sua “rivoluzione”, e poi proteste e manifestazioni di un popolo ormai allo stremo.
Per capire meglio il difficile momento della politica isolana, questa settimana abbiamo deciso di sentire l’autorevole parere di Salvo Andò, già Ministro della Difesa, maggiorente del Psi e Rettore dell’Università Kore di Enna.
Tra le altre cose, Andò qualche settimana fa è stato eletto presidente nazionale di Lab Dem, succedendo a Gianni Pittella, quest’ultimo nominato quale Capogruppo del Pse al Parlamento europeo. Lab Dem, libero pensatoio di matrice socialista in seno al Pd, ha riunito nei giorni scorsi il comitato regionale e attraverso un lungo dibattito ha fatto un’impietosa analisi della situazione politica regionale.

On. Andò, due anni dopo le elezioni che hanno portato Crocetta al Governo della Regione, come sta la Sicilia?
La Sicilia sta male. Dalla politica non arriva alcun segnale di possibili inversioni di tendenza tali da consentire un reale cambiamento.
Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti.


Ma quando si critica l’azione del Governo, qualcuno fa notare che la crisi non è solo siciliana…
La crisi c’è ovunque. E’ vero. La gente soffre al nord come al sud. Ma qui si ha l’impressione che nessuno sia in grado di trovare il bandolo della matassa. Si vive in una condizione di crisi politica permanente. I partiti paiono sfasciati, divisi su tutto. Capita che uno stesso partito sia contemporaneamente all’opposizione e al Governo. In questa situazione a poco valgono i viaggi a Roma per trovare una quadra,che riesca a compattare questa maggioranza. La soluzione va trovata a Palermo.Siamo di fronte ad una crisi ormai cronica sia della funzione di governo, che della funzione di rappresentanza;una crisi che sta portando al disfacimento delle istituzioni.

Crocetta risolverà i problemi interni alla maggioranza oppure già dalla prossima mozione di sfiducia rischia grosso?
La maggioranza o c’è o non c’è. Non può essere a geometria variabile.Se c’è lo deve dimostrare attraverso dei progetti sui quali scommette la propria esistenza. Deve indicare le priorità sulle quali essa si aggrega, e deve conquistare un consenso visibile all’interno dell’Ars. In questo campo non servono gli esploratori, i sensali, servono dirigenti politici leali che assumano precisi impegni, e che nel caso di “impraticabilità del campo” dicano a chiare lettere che non ci sono più le condizioni per andare avanti.

Ma la mozione di sfiducia annunciata dall’on. Musumeci ha speranze di passare o no?
Non so cosa possa produrre in concreto la mozione di sfiducia,visto che il suo accoglimento porterebbe allo scioglimento dell’Ars. La maggioranza dei parlamentari probabilmente voterà per la sopravvivenza dell’Assemblea pur essendo molto critica nei confronti del Governo. Il Governo sarà quindi costretto a vivacchiare dal momento che non riceverà una sfiducia,ma non avrà neppure la fiducia. Insomma chi dissente si darà da fare per bocciare tutte le iniziative del Governo.

Intanto la Sicilia pare essere davvero alla deriva. Mai un Governo è stato più impopolare…
La verità è che i costi umani della crisi continuano a crescere. Le imprese chiudono, le famiglie sono sempre più povere, i ragazzi scappano dalla Sicilia perché qui non c’è futuro. Oggi chi governa di fronte ai problemi posti dalla crisi inevitabilmente è impopolare e quindi registra insuccessi elettorali. Ma in Sicilia siamo di fronte ad una crisi politica che sta corrodendo profondamente il tessuto istituzionale.

Quindi cosa dobbiamo ancora aspettarci da questo Governo sempre più sotto assedio?
Pare che oggi la parola d’ordine che gira nei palazzi delle politica sia: “sopravvivere”, cioè non governare ma tirare a campare. Nella situazione attuale questo è un lusso che non possiamo più permetterci . Intendiamoci, questa situazione non nasce con Crocetta,il quale ha ricevuto una pesante eredità. Però c’è una oggettiva continuità con il precedente sistema politico che andava invece interrotta. Non basta fare volare gli stracci. Mi pare che gli interessi che aggregano le maggioranze siano sempre gli stessi. E questo non è un problema di forma, è un problema di sostanza.Come ne usciamo allora da questa situazione di impasse dove di riflesso è precipitata l’intera Sicilia?
Se la situazione di crisi è irreversibile, come molti fatti stanno a indicare, Crocetta potrebbe rivolgersi al corpo elettorale, spiegare dal suo punto di vista come stano le cose, chiedere un nuovo mandato chiarificatore, tale da porre fine a questa situazione di impasse. La funzione di una coalizione non può essere quella di arbitrare la distribuzione delle spoglie che tra l’altro sono poche, e spesso danno origine a risse a dir poco patetiche. Non si può governare la Sicilia in presenza di una situazione di rissa continua. Ormai il caso Sicilia è diventato un caso nazionale eclatante. Si è toccato il fondo con le elezioni suppletive di Siracusa che sono diventate un’altro test per capire chi tra Crocetta e i suoi avversari avrebbe avuto la meglio.

Appare chiaro che siamo nel bel mezzo di una situazione di caos senza precedenti. Chi e cosa possono oggi salvare la Sicilia?
Di fronte ad una crisi politica così evidente, visto che qui non c’è un arbitro super partes, che, come avviene a livello nazionale con il Presidente della Repubblica, garantisce il buon funzionamento delle istituzioni e ne sanziona il cattivo funzionamento, sarebbe necessario che l’Ars ,attraverso un dibattito chiarificatore, verificasse se esistono le condizioni per affrontare alcune priorità sulla base di un preciso cronoprogramma. Deve essere la stessa Assemblea a spiegare all’opinione pubblica siciliana le ragioni per cui essa deve sopravvivere. Se però si constata l’impossibilità di andare avanti è bene decidere consensualmente “il rompete le righe”.
Anche a livello nazionale vi sono dei problemi, ma almeno il premier Renzi si dà da fare per mettere in moto la macchina, non si perde in mediazioni estenuanti. Sa che ,una volta bloccato dal Parlamento,la soluzione inevitabile sarà quella di andare ad elezioni anticipate.


Secondo Lei, in questa situazione, cosa bisognerebbe fare per salvare la Sicilia?
Anzitutto evitare prediche virtuose a cui non seguono decisioni, spesso difficili, che vanno prese. E bisogna soprattutto evitare che altre imprese chiudano,essere più coraggiosi nel tagliare la spesa improduttiva anche a costo di inimicarsi alcuni settori politici ed economici,fare tutto ciò che è possibile per dare alla macchina amministrativa più velocità decisionale e più trasparenza.
Se davvero si vuole uno sviluppo autopropulsivo bisogna poi puntare sulle risorse umane, qualificarle,aiutando concretamente le istituzioni che si occupano di formazione e ricerca ad un certo livello,promuovendo una politica dell’internazionalizzazione,per esempio cofinanziando i programmi Erasmus, spendendo di più per il diritto allo studio.
Diverse regioni si stanno muovendo in questa direzione, nonostante le difficoltà del momento. Basti pensare a ciò che fanno in questo campo regioni come Sardegna e Puglia. Se dalla Sicilia i ragazzi scappano, per andare a studiare fuori, non solo per cercare un lavoro, avremo una popolazione di anziani e un’economia sempre più assistita. Qual è la visione di futuro per la Sicilia che il Governo ha? Qual è la sua politica energetica? Attraverso quali strumenti intende incrementare la qualità delle nostre produzioni perché risultino competitive?Ha un progetto per consentire alla Sicilia di essere in qualche modo attore dei processi di sviluppo che interessano i paesi della sponda sud del mediterraneo?
Ecco, una franca discussione su queste questioni potrebbe fare emergere dei segnali interessanti di ripresa della vita politica. Il primato della politica che tanti auspicano è fatto anche di confronti su queste grandi scelte. E ,invece. vedo che le discussioni più impegnative sono quelle che riguardano la nomina di un vice-vice capo di gabinetto,o di un commissario da inviare in questo o quell’ente,o di un esperto.


In questo quadro al quanto desolante, l’opinione pubblica è sempre più sfiduciata e lontana dalla politica…
Ciò accade per ragioni assolutamente comprensibili. Bisogna però reagire a questo declino,a questo senso di rassegnazione. La paralisi dell’attività di governo è la causa,o la concausa di tanti fatti di mala amministrazione. In questo contesto, stenta ad affermarsi una cultura dei diritti; sono sempre più numerosi i diritti negati, anche quelli che costituiscono il nucleo indisponibile dei diritti di cittadinanza, come il diritto alla salute, il diritto al lavoro. Siamo la regione con meno asili nido; ciò significa che possono lavorare solo quelle donne che hanno aiuto in famiglia o risorse economiche importanti alle spalle.

Eppure dalle parti del Governo si continua a parlare di riforme da fare lottando contro presunti “sabotatori” che Crocetta vede quasi ovunque…
Le riforme devono avere un senso unitario, una precisa idea dello sviluppo. Non possono essere un abito di Arlecchino. Per fare ciò occorre una maggioranza coesa, che condivida delle idee; insomma, una maggioranza che non sia legata solo da un vincolo spartitorio. La verità è che i partiti sono deboli in Sicilia, incapaci di affrontare una situazione come quella attuale. Non c’è dubbio che c’è una questione democratica da affrontare, a causa del declino dei partiti,dovuto alla loro scomposizione interna, alla loro privatizzazione. Sfasciare i partiti non è stata certo una buona idea per garantire stabilità al governo, anzi.
Intanto, dopo una breve luna di miele, la Sicilia torna a fare notizia negativa presso l’opinione pubblica nazionale, non solo regionale. Definitivamente finito il “fattore Crocetta”?
E’ verissimo. La Sicilia dopo le ultime elezioni regionali aveva avuto importanti aperture di credito –anche grazie alla storia personale di Crocetta- a livello di opinione pubblica nazionale. Il che costituiva una condizione assolutamente positiva per avviare un nuovo corso. Oggi pare che quel capitale di fiducia sia andato disperso. Siamo tornati a fare notizia per le criticità che caratterizzano il sistema politico regionale. Non si vede chi, come, quando, dovrebbe realizzare le grandi riforme di cui la Regione ha bisogno... Mi auguro che i grandi partiti a livello nazionale possano dare impulsi positivi affinché la Sicilia esca dal guado. A cominciare dal Partito Democratico che anche in Sicilia ha avuto un grande successo alle europee. Il rischio è che il caos che si è prodotto nella vita politica siciliana danneggi anche l’immagine di questo partito a livello nazionale,considerato che i cambiamenti annunciati da Renzi riguardano l’intero paese.
Per esempio la riforma delle Province?
Esatto. In tutta Italia si è proceduto nei giorni scorsi all’elezione degli organi di governo del nuovo ente intermedio. In Sicilia non si capisce neanche come esso sarà organizzato. Di fronte a tanto immobilismo ripensare alla specialità,riorganizzare i rapporti tra i diversi livelli di governo diventa una pia illusione. Eppure, siamo di fronte a riforme istituzionali che a livello istituzionale, sia pure tra mille difficoltà, si stanno facendo. Questo processo riformatore dovrebbe avere un riscontro anche a livello regionale,tenuto conto che siamo l’unica regione speciale del mezzogiorno,e che dovremmo costituire un punto di riferimento per quanti ritengono necessario porre al centro del dibattito politico la questione meridionale. Auspicabilmente in termini nuovi. Una macroregione meridionale potrebbe dare impulso all’intero sistema paese, e fare contare di più l’Italia nello scenario mediterraneo.

Alberto Cardillo, I Vespri, 11/10/14

Giarre. PRG, focus sulla perequazione

Diceva di avere il background progressista Roberto Bonaccorsi  e non perde occasione di giustificare i suoi atti amministrativi richiamando si all’autorità dei pareri dei soggetti più disparati.  Deve essergli sfuggito però quello che si  dice della perequazione (istituto del diritto dell’urbanistica non disciplinato nella Regione Siciliana e introdotto nel PRG Giarrese da un emendamento della maggioranza che “recepisce” l’atto di indirizzo della giunta) in un libretto edito in collaborazione tra la fondazione superprogressista di Massimo Dalema ItalianiEuropei e Cittalia Fondazione Anci Ricerche. Ecco cosa scrive Stefano Stanghellini (insegna Estimo all’Universita IUAV di Venezia): “La perequazione, la compensazione e l’incentivazione urbanistica in ambito nazionale hanno ricevuto finora solo episodici e parziali riconoscimenti dal legislatore nazionale. E purtroppo talvolta questi frammentari riconoscimenti sono stati generatori di ulteriori incertezze giuridiche, come nel caso dei suoli per l’edilizia residenziale sociale come standard urbanistico aggiuntivo. Talaltra hanno dato luogo a interpretazioni scorrette,lesive della ragione stessa della pianificazione. Si fa riferimento alla trascrizione nei registri immobiliari dei “diritti edificatori”generati dalla perequazione urbanistica, dalle compensazioni o dalle incentivazioni previste negli strumenti urbanistici (ar56 ticolo 5 comma 3 del decreto legge 70/2011 convertito con lalegge 106/2011). L’obbligo della trascrizione non basta. Il legislatore nazionale deve aggiungere che i “diritti edificatori” variamente generati dagli strumenti urbanistici dei Comuni possono trasferirsi solo fra proprietà immobiliari catastalmente individuate. Occorre ribadire che la loro generazione e il loro utilizzo hanno finalità progettuali e sono disciplinate dal piano urbanistico: quindi, questi “diritti edificatori” o “crediti edilizi” non se ne stanno “in volo”, non fanno “finanza creativa”, non sono “carta-moneta” prodotta dai Comuni attraverso la pianificazione urbanistica, di cui un qualsiasi operatore economico può appropriarsi mentre sono “in volo” per poi negoziarne con il Comune l’“atterraggio” e quindi il valore.” Quanto scrive il professore è sufficientemente chiaro è quindi dovrebbe essere bene accolto dall’amministrazione “trasparente”, in più ha il pregio di essere scritto su una fonte accreditata di grande progressismo che fare sindaco del suo “background progressista”? Faremo anche di questo assieme alla perequazione “carta-moneta”? I contorni, le regole, la previsione progettuale, l’idea di citta cui la perequazione dovrebbe solo essere strumentale non ci sono, che fare? L’idea poi che dei diritti edificatori se ne stiano “in volo” in attesa dell’”atterraggio” che genera “valore” rende in tutto e per tutto l’immagine di una urbanistica esposta alla mercè di avvoltoi della speculazione, in una città in cui le incompiute sono patrimonio genetico il rischio è che Giarre sarà esempio della peggiore urbanistica e a quel punto non Basterà né il Mercato del Contadino né Girare Pagina.

di Spectator

sabato 4 ottobre 2014

Giarre. Il sindaco Bonaccorsi indagato per falso ideologico

Il 21 giugno 2013 Nello Musumeci in piazza Arcoleo affermava: “Roberto a Catania ha evitato il dissesto”. Senza tema di smentite così risulta dalla pagina facebook ufficiale di Roberto Bonaccorsi. Già prima di quel 21 Giugno e ancora dopo Roberto Bonaccorsi non ha mai smesso di richiamarsi alla correttezza, alla professionalità della sua esperienza catanese quale assessore al Bilancio, la mostrava come si fa con la più luccicante delle medaglie. Poi la tempesta. Improvvisi piovono gli avvisi di garanzia e uno raggiunge pure il ripostese –ora giarrese- Roberto Bonaccorsi, assieme a lui ce n’è per l’ex sindaco Stancanelli, l’ex assessore Riva e numerosi dirigenti del comune del capoluogo etneo. L’accusa aver concorso a dissimulare la reale situazione economico finanziaria del Comune di Catania alterando talune poste dei bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011, allo scopo di evitare la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’Ente locale e lo scioglimento del Consiglio Comunale.
A seguito di esame degli inquirenti che si sono avvalsi della consulenza scientifica di un professore ordinario di “Economia ed Amministrazione delle Aziende Pubbliche” dell’università di Palermo, sono state riscontrate significative anomalie scura l’ombra dell’ignominia: da mago dei conti a illusionista da fiera, uno di quelli con la cassettina di legno e le tre carte. Ed è in questa magica o sarebbe meglio dire illusionistica cornice che ai microfono di Prima Rete l’emittente locale giarrese, il sindaco Bonaccorsi passa dal trionfalistico “Ho salvato Catania” ad un più mesto “Faccio parte di un percorso intermedio” riferendosi al ruolo nel rendiconto del comune di Catania. Ora non sfuggirà neppure al più distratto dei lettori: o ha salvato Catania o faceva parte di un percorso intermedio. Sia come sia, è stato intaccata la gloria delle gesta bonaccorsiane all’ombra du liotru. E’ lecito adesso che data la rilevanza delle accuse mosse e al fine di scongiurare interventi successivi nel tempo che risultino infine tardivi, chiedere che vengano accuratamente esaminati i bilanci del Comune di Giarre così come emergono dal rimodulato Piano Pluriennale di Risanamento, piano che risulta essere stato raddoppiato nella sua lunghezza totale dal Bonaccorsi, con una operazione di ripartizione delle somme da accantonare negli anni al fine di soddisfare i creditori dell’ente negli ultimi 5 anni, così da sgravare in certo senso questi anni di amministrazione Bonaccorsi. Notevoli rilievi sono stati mossi sia per quanto riguarda le somme riscosse dal comune quali tariffa idrica (la cui determinazione sindacale di aumento dei costi è oggetto di inchiesta) e tassa sui rifiuti, specie in ragione del fatto che in periodi in cui la differenziata non è stata eseguita è stato comunque addebitato il costo ai contribuenti oltre ad una non meglio identificata voce “altri costi” che gonfierebbe non si sa a che titolo il costo complessivo del servizio. Ancora dubbi rilevanti sono quelli in merito alla efficacia delle azioni di spendig review effettuate: sono stati realmente abbattuti i costi per gli affitti di immobili? Sono stati davvero disdettati gli operosi contratti di fornitura di servizi telefonici e elettrici? È davvero un risparmio il pool legale o piuttosto una spesa inutile e un abuso per i modi in cui è stato attribuito l’incarico per il servizio? E ancora, si può sapere quanto è l’ammontare certo dei passivi del comune? Non si stupisca il lettore di tutte queste domande, c’è da fare chiarezza, in fondo quello per cui è accusato Bonaccorsi a Catania –ilfalso ideologico- è il modo dei giuristi per definire una balla colossale.nella formazione e nell’approvazione dei documenti contabili in argomento, con specifico riferimento a: -appostamento in bilancio di ingenti quote di “residui attivi” risalenti nel tempo e di dubbia esigibilità, per un importo complessivi di oltre 270 milioni di euro; - “debiti fuori bilancio” per oltre 78 milioni di euro, la cui certezza in ordine alla manifestazione finanziaria avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione comunale all’individuazione delle necessarie coperture; - disallineamenti contabili emergenti tra i valori iscritti in bilancio dall’ente locale controllante (Comune di Catania) rispetto a quelli rilevati nei bilanci delle società partecipate per circa 34 milioni di euro; - classificazione di somme, pari a circa 20 milioni di euro, nell’ambito di voci di bilancio dalle quali non emergeva la loro natura di passività. Ed è così che sulla epopea catanese di Bonaccorsi, mito fondativo del tecnico trasversale, buono per ogni padrone, cala il sipario.

Spectator, I Vespri, 04/10/14

mercoledì 17 settembre 2014

Giarre. Come saccheggiare la città, il bluff del cemento zero

Lo storico saccheggio di Porta Castro
Giarre è stato approvato lo Schema di Massima del Piano Regolatore Generale. Si sarebbe potuto scegliere la strada del rinnovo dei vincoli scaduti, rinviando a un più esteso dibattito nella città le scelte sulla pianificazione urbanistica, attendendo anche il pronunciamento della Corte dei Conti sul Piano di Risanamento Pluriennale, che sta incontrando non pochi ostacoli, ma che inciderà profondamente nella vita amministrativa della città jonica. Già in passato il Consiglio Comunale giarrese ha rimandato al mittente questo Piano (per 13 volte è mancato il numero legale nella passata consiliatura) che porta la firma dell’ex assessore Nicola Gangemi e dell’Arch. Venerando Russo, già rimasto invischiato nelle vicende mascalesi. Ad alcuni consiglieri coscienziosi della maggioranza e a quelli di opposizione devono essere sembrati troppi gli interessi che ruotavano attorno al Piano e poco coincidenti con quelli della città. Il piano oltre a prevedere un aumento significativo delle cubature edificabili, è stato pure oggetto di un Emendamento della Maggioranza (che recepisce le indicazioni del c.d. “Emendamento dell’Amministrazione”, acrobazie del regolamentari e torsioni giuridiche e qui entra in scena il Sindaco con le sue acrobazie verbali, il saldo volumetrico zero infatti non avrà efficacia con il nuovo PRG in discussione giacché si prevedono nuove aree edificabili. E’ l’ennesimo grande bluff della comunicazione del già vicesindaco stancanelliano di Catania. Uno specchietto delle allodole che può pure far esultare i cittadini lettori dei proclami del sindaco sull’attenzione al consumo di suolo. Una attenzione questa in vero poco sincera, anzi niente più di una boutade comunicativa. Il cemento zero annunciato dal Sindaco in ragione del fatto che Giarre non presentava significativa crescita del numero di abitanti e presentava innumerevoli edifici sfitti e invenduti, necessitava di una riqualificazione del centro storico, è ridotto a buona intenzione per il futuro, ma si sa che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno… della speculazione edilizia e di una pianificazione miope e non sostenibile. Deve essere su questa via che il dirigente deputato a pronunciare un parere ha prima glissato e poi ha dato nei giorni scorsi “parere favorevole”. Dove si sarà trovato l’accordo tra il cemento zero truffa e gli appetiti speculatori? Forse nell’istituto della perequazione urbanistica, introdotto dall’Emendamento dell’Amministrazione, pardon del gruppo consiliare Iniziativa Popolare (scuderia Gangemi). Cosa succede con la perequazione? “l’istituto perequativo usa il termine quote o diritti edificatori per indicare la facoltà, liberamente negoziabile, di edificare per effetto di previsioni urbanistiche perequative. E’ fortemente controversa la natura giuridica di tali fattispecie, tanto che le diverse teorie formulate al riguardo più o meno ripropongono l’intera tipologia delle situazioni soggettive, dal diritto reale al diritto di credito, dall’interesse legittimo all’aspettativa. Invero, le varianti del modello perequativo che prevedono la previa individuazione dell’area cedente e di quella di atterraggio nell’ambito del piano urbanistico consentono a taluni di intravedere un certo carattere di realità del diritto, che però, nel caso di mancata compresenza delle due aree, appare fortemente attenuata, dovendosi peraltro stabilire l’efficacia obbligatoria dei negozi interprivati traslativi di questi diritti (traslazione senza area) nei confronti dell’amministrazione comunale” (G.Sabbato, Consigliere TAR). Si introduce dunque un sistema essenzialmente speculatorio che puo prevedere il trasferimento dei Diritti Edificatori ed una notevole discrezionalità poichè l’intero processo perequativo sarà affare di quello stesso ufficio il cui Dirigente sta in giudizio per i fatti di Mascali e fatta salva la presunzione di innocenza, il buon senso e ragioni di opportunità inviterebbero a non lasciare eccessiva discrezionalità. Ecco come la trasparenza dell’era Bonaccorsi, il “tecnico” che tornava da Catania dopo la disfatta di Stancanelli, consegna le chiavi della città a grigi burocrati. La perequazione in salsa giarrese sarà la mossa del cavallo per il sacco di Giarre e si vedrà o si è già visto in quali aree non edificate stanno insistendo contrattazioni e compravendite. La maniera in cui si è giunti all’approvazione dello schema di massima e gli elementi dello stesso pongono sono avvolti da una nebbia che le risposte ad alcune domande potrebbero diradare, chiarendo così il quadro. Come mai le precedenti due diffide dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente ad adottare lo schema di massima del PRG non sono state notificate al consiglio comunale, fino all’arrivo della terza, e dunque i consiglieri comunali sono stati costretti a votare lo schema di massima pena l’insediamento del commissario ad acta? Di chi sono le responsabilità per questa mancata comunicazione? C’è solo colpa o anche dolo, ci troviamo cioè dinnanzi ad una operazione preordinata a coartare la volontà del consiglio comunale? Come mai dopo che nel passato per ben 13 volte era mancato il numero legale per il voto il 28 agosto si è trovato l’”accordo”, quale assetto di interessi si cela dietro questa approvazione? Possono esser resi noti i terreni di proprietà di consiglieri e della giunta o di loro parenti e affini entro il 4 grado e se del caso tenendo conto pure dei terreni di proprietà di società in cui gli stessi risultino soci? Come mai su un atto così rilevante che investe il futuro della città il sindaco e la sua maggioranza non hanno inteso coinvolgere la città, le associazioni, le forze produttive? Come mai il sindaco su una atto così politicamente rilevante ha accettato che la sua maggioranza adottasse un provvedimento redatto dagli uffici seguendo gli indirizzi della maggioranza del precedente sindaco e il cui relatore era assessore al bilancio (lo stesso assessore che aveva redatto assieme agli uffici il piano di risanamento pluriennale che Roberto Bonaccorsi ha stravolto) e all’urbanistica nella giunta Sodano? Forse che per l’urbanistica il sindaco ha trovato positiva la continuità? Come mai non si è proceduto a rinnovare i soli vincoli permettendo che sul PRG si aprisse una nuova discussione che coinvolgesse la città? Se è vero che il nuovo PRG è a saldo volumetrico zero, è altrettanto vero che il nuovo PRG non contempla volumi aggiuntivi rispetto a quello ancora in vigore? Si o no? E se invece sono previsti volumi aggiuntivi è possibile sapere da quale data entrerà in vigore il saldo zero e se realmente entrerà mai in vigore? E se sono stati previsti volumi aggiuntivi per quale tipo di edilizia sono destinati? Se si tratta di edilizia abitativa esiste forse uno studio in cui si stima che la popolazione giarrese crescerà tanto da saturare case sfitte e invendute così da chiederne di nuove? Molte domande certo, ma per un’amministrazione “trasparente” rispondere dovrebbe essere un piacere, ma forse le trasparenze sono per la comunicazione brillante che serve solo a non lasciare che lo sguardo cada sulle opacità. Quelle vanno sempre a finire sotto il tappeto.

Spectator, I Vespri, 13/09/14

mercoledì 3 settembre 2014

Tony Morgan, grande a successo Favignana in attesa di "Oltre il tunnel"

Da sx: Leonardo Sorbello, Claudio Tropea, Tony Morgan
Grandissimo successo nella piazzetta di Favignana per il concerto di Josè Tammaro con il gruppo Macuccusonu, alla presenza di un pubblico straordinario di circa 2000 persone, con vari personaggi pubblici, del mondo dello spettacolo, cinema, tv, moda etc.
Proiezione nel corso della serata del film "8 euro" pluripremiato - regia di Tony Morgan e Daniele di Mauro, accolto alla fine da un lungo applauso, dopo il quale è avvenuta l'esibizione di cabaret dello stesso attore, con satira di costume ed attualità, durante la quale Tony Morgan si e' esibito in un classico dei Pianti Siciliani accompagnato alla chitarra da Josè Tammaro.
Da una breve intervista a fine serata domanda posta a Josè - Un grandissimo successo questa sera, cosa ne pensi?- Josè :"Un pubblico straordinario, una grande emozione esibirmi in una piazza così gremita, ancora grazie per l'affetto dimostratomi sono veramente commosso". Un'altra posta a Tony Morgan – Allora Tony dopo il successo di questa sera per il Film “8 euro” e la performance di cabaret che ha divertito il pubblico, ti chiedo ma gli impegni di Tony Morgan sono finiti o continuano? – risposta di Tony:” Ma quale finiti, ho varie serate di cabaret in giro per la Sicilia, tra cui sarò ospite in varie manifestazioni di Miss, Miss Italia, Miss Moda, Miss Spettacolo, ect. Inoltre a Settembre andrò in Veneto, al FONTANIVAGEOFILMFESTIVAL per l'aggiudicazione del Premio Menzione Speciale LA BRENTA D'ORO, ancora faro’ parte nelle vesti di attore nel prossimo Film di Filì Parlotta e Salvo Campisano - “90 B.P.M”, e dopo e poi ci saranno le varie location per girare il mio Film “Oltre il Tunnel – il coraggio di non Farlo”.
In questo momento l'attore Morgan e' impegnato sul set di " OLTRE il TUNNEL – il coraggio di non farlo" un film nato da un idea di TONY MORGAN e LEONARDO SORBELLO, tra i personaggi che prenderanno parte al nuovo film Josè Tammaro sarà uno dei protagonisti nel cast farà parte anche il piccolo Claudio Tropea protagonista dell'ultima edizione "Io Canto" di Canale5.
Domanda a Leonardo Sorbello:” Oltre il Tunnel, da dove nasce quest'idea di questo film insieme a Tony?”.- Leonardo:" Bè visto il momento critico, e tutto ciò che le cronache riportano ogni giorno, mi e' sembrato doveroso risaltare l'argomento, ma non solo per sensibilizzare l'opinione pubblica, bensì per dare un messaggio di speranza". Domanda a Tony:” Trailer girato a Torino età avendo un grande successo, ci puoi anticipare quali saranno le prossime location?- Tony:" Dopo Torino, le location saranno di certo in Sicilia e visto la bellezza di Favignana spero di girare alcune scene anche qui".

B.B.


martedì 5 agosto 2014

Politica&Società. Quando c'era Almirante...

Giorgio Almirante a Roma in una gremita Piazza del Popolo
“Scelsero me perché ero il più scalcagnato di tutti”, rispose così, un ormai anziano Giorgio Almirante, a Gianni Minoli che gli chiedeva perché nel 1947 chiamarono proprio lui alla guida del Movimento Sociale Italiano. Almirante aveva ragione, apparteneva alla generazione degli “scalcagnati”, perché dopo la repentina e traumatica fine del fascismo fu animatore di quella sparuta schiera di attivisti-intellettuali che al “si salvi chi può” del 25 luglio scelsero la strada più difficile e più rischiosa. Seguirono infatti il loro Duce malconcio nella sua ultima avventura, inseguendo con lui il sogno di riagganciarsi a quel socialismo che Mussolini aveva dovuto “temperare” con i compromessi tipici di chi si trova a governare l’Italia.
La storia è nota, il sogno della repubblica fascista finì molto presto nella guerra civile e nelle barbarie di cui piazzale Loreto fu solo lo squallido culmine.
Di Giorgio Almirante, leader della opposizione di destra, sono noti il coraggio di tribuno sulle piazze, la capacità oratoria, così come l’onestà politica e personale. E’ questo quello che prima d’ogni cosa gli va riconosciuto, pur nel dissenso delle opinioni che ancora oggi permangono.
Una vita vissuta tra i fischi e gli applausi. “La prima volta lo incontrai nel suo ufficio al Secolo d’Italia -ricorda Arrigo Petacco- allora la redazione era in via Tomacelli, al primo piano di un palazzo dalla irriconoscibile facciata littoria. Lui pigiava sui tasti della Lettera 22. Scriveva, manco a dirlo, un tagliente articolo di fondo. Sulla scrivania, accanto a una lampada liberty, di sapore vagamente dannunziano era posato un pacchetto confezionato con carta di rosticceria, bianca e unta. Era la sua cena. Una mozzarella, tre supplì, una mela.
Finse sorpresa, vedendomi entrare. Alzò gli occhi dal foglio già riempito a metà. Levò gli occhiali e, sorridendo cordiale, mi invitò a sedere. Mi colpì lo sguardo, quegli occhi verdi, metallici. Erano miti, tristi, freddi. Li ravvivavano di tanto in tanto guizzi di volpina ironia. Mi parlò dei programmi immediati. Mentre spiegava questi suoi problemi, fui attratto da una foto alle sue spalle. Era la foto del primo comizio di Almirante, davanti la sede de Il Tempo, nella rovente piazza Colonna dell’immediato dopoguerra.
Piazza Colonna non è cambiata da allora -conlcude un laconico Petacco- è mutato il clima politico. Adesso è appiccicoso, tropicale. Lo surriscalda solo lo scirocco africano, non certo l’epica politica”.
Almirante è stato un politico sui generis, è stato la personificazione della genuina passione politica. E' stato il primo vero interprete della "politica-spettacolo", la politica era teatro per lui, orgoglioso di discendere da una famiglia di commedianti. La politica era gesto, ammiccamento, boutade, colpo di scena, commedia. Commedia pirandelliana...
Credeva nella magia della parola, il “bel dire”, la dizione limpida, la pronuncia ripulita da accenti o cadenze, il linguaggio del corpo mellifluo e armonico oppure marziale, a tratti quasi sacrale.
Durante la sua carriera politica seppe più volte vestire i panni di diversi personaggi, proprio come a teatro, così all’Almirante di lotta si sostituiva l’Almirante “in doppiopetto” a seconda delle stagioni politiche.
Certamente uno meriti storici innegabili di Almirante è quello di essere riuscito a mediare tra le infinite di correnti di pensiero che animavano il dibattito interno alla destra italiana, riuscendo a ricondurre al dibattito democratico molte frange del movimentismo giovanile che altrimenti sarebbero certamente cadute nelle fauci dell’extraparlamentarismo sovversivo.
L’Almirante statista fu proprio quello che in segreto incontrava Berlinguer per fronteggiare in comune i canali di continuità tra i propri partiti e le frange estremiste.
"Che gioia -scandiva un anziano Almirante nel suo ultimo comizio in Piazza Navona- vedere tanta giovinezza nel Msi! Che gioia, per il vecchio segretario del partito poter dire di non aver lavorato invano! Non mi sono sacrificato invano!”; a questo punto, l’ordinato silenzio della piazza che ascoltava il segretario si interruppe con la voce di una ragazza che d’istinto gli urlò: “Sei giovane!”. Ecco la sintesi magica di quegli intensi anni, quando il vecchio segretario restava giovane con i giovani, legato dal sottile ma robusto filo dell’amore per le idee in cui si credeva e per le quali si combatteva.
“Tradurre le idee in azione”, lo diceva spesso Almirante, cosciente del fatto che in una società in continua evoluzione non bastavano le dispute filosofiche ad appassionare le masse, bisognava toccare temi reali, parlare al cuore della gente. Così Almirante, girando l’Italia in lungo e in largo, “come un apostolo”, ricorda Donna Assunta, non disdegnando di dormire in treni di terza classe, trasformava in verbo le idee del pensiero alternativo al sistema dominante.
Quel suo essere aulico ma al tempo stesso vicino alle masse lo resero popolarissimo specie al sud, dove spesso si schierò in favore dei diritti del proletariato dimenticato.
Una volta gli chiesero cosa sarebbe stato se non fosse esistito l'Msi e lui disse: socialdemocratico.
La seconda fase della vita politica di Almirante si aprì quando diventò segretario dell'Msi per la seconda volta, alle soglie degli anni Settanta. Collocò nettamente il suo partito alla destra, cavalcò battaglie da partito d'ordine, fino ad affiancare la storica sigla missina alla dicitura “Destra nazionale”. I frutti si raccolsero alle elezioni amministrative del '71 e poi alle politiche dell'anno dopo, moltiplicò la militanza e riempì le piazze fino all’inverosimile. Tutti, anche gli avversari volevano ascoltare Almirante. Sognò una destra nazionale che superasse l'originario neofascismo pur senza abiurarlo -secondo la formula di Augusto de Marsanich “non rinnegare non restaurare”- e che si aprisse ai monarchici, alla destra liberale e democristiana, ai partigiani bianchi. Il partito monarchico confluì nella destra nazionale. Quel progetto poi culminò nella “Costituente di destra per la libertà”, che fece presiedere a un partigiano cattolico, Enzo Giacchero.
Ma Almirante era troppo avanti. Il suo progetto fu aggredito da una risorta mobilitazione antifascista, guidata dal Pci ma teorizzata e istituzionalizzata dalla sinistra Dc tramite l'Arco costituzionale (il conio fu attribuito a De Mita). L'Msi fu ricacciato nel ghetto insieme al sogno della destra di governo.
E allora Almirante tornò “apostolo”, denunciando la corruzione del sistema politico e predicando anzitutto il suo vangelo solitario della “nuova repubblica” da edificare su presidenzialismo e elezione diretta dei rappresentanti politici, a partire dai sindaci fino ad arrivare al Presidente della Repubblica. Far contare di più gli italiani e meno i partiti.
Almirante morì nel 1988, solo qualche anno dopo quel sistema che lui per primo aveva picconato, crollò su se stesso. Fu allora chiaro a tutti, anche ai più acerrimi detrattori, che Almirante non era stato soltanto il leader di una piccola minoranza. Almirante aveva ragione!
Ma cosa resta oggi di Almirante? Il mondo è cambiato, e nell’Italia dell’infinito vuoto renziano e della destra che arranca tra mille faide, Almirante appare quasi come una figura mitologica.
Resta un dolce ed antico ricordo dell’uomo che immaginò il futuro ma che -in termini di successione- non ebbe la fortuna di vedere un raccolto all'altezza di quanto seminò. “Mancò la fortuna, non il valore”.

Alberto Cardillo, 05/08/14

venerdì 1 agosto 2014

Mascali. FDI-AN denuncia degrato e pericolo incendio della villa di via Livatino

Nella mattinata di ieri alcuni componenti del circolo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale di Mascali, sollecitati da alcuni residenti, hanno effettuato un sopralluogo presso la villa comunale di via Livatino (accanto al Centro Sociale Karol Wojtyla).
"A parte la constatazione del fatto che la villa invece che essere di pubblica fruizione è da tempo immemore chiusa -si legge nel comunicato diramato da Fratelli d'Italia- d'innanzi a noi si è presentato uno spaventoso paesaggio d'incuria e abbandono totale.
Il chioschetto situato all'entrata è stato vandalizzato, la cenere vulcanica caduta nei mesi scorsi non è mai stata rimossa, alcuni alberi giacciono divelti per terra.
Ma l'elemento più pericoloso che abbiamo riscontrato sono certamente le erbacce ormai secche che hanno invaso tutta la villa.
Non vogliamo nemmeno pensare a cosa potrebbe accadere se un malintenzionato o uno squilibrato lanciasse un cerino all'interno della stessa.
Quindi, la villa di via Livatino nelle condizioni attuali oltre ad essere ingiustamente chiusa, invasa da questa grande massa di sterpaglie secche rappresenta un serio pericolo anche per i cittadini che vivono e lavorano nella zona, tenuto conto che nelle immediate vicinanze vi sono uffici del Comune e abitazioni civili.
Comprendiamo che le attuali ristrettezze economiche dell'ente non permettano sempre puntuali interventi su tutto il territorio comunale, ma proprio per questo motivo invitiamo la Commissione Straordinaria a guardare all'esempio dei Comuni vicini, valutando la possibilità di dare in concessione la villa a dei privati, a patto che questi la rendano sicura e fruibile (vedi Parco Chico Mendez Giarre).
Per il momento speriamo che questa nostra denuncia possa portare ad una celere pulizia della villa, scongiurando qualsiasi pericolo nell'immediato futuro".
Allegate al comunicato sono state pubblicate anche delle foto che testimoniano le attuali condizioni della villa di via Livatino.

Redazione, iVespriGiarre, 01/08/2014









Mascali. Prorogato lo scioglimento per mafia


Nella seduta del Consiglio dei Ministri di ieri sera, il Governo ha deliberato, su proposta del Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, la proroga di scioglimenti già decretati dei Consigli comunali di Siderno, Casignana e Montebello Jonico (Reggio Calabria), San Calogero (Vibo Valentia), nonché di Mascali
Ha partecipato all’esame di quest’ultima questione l’Assessore alle attività produttive della Regione Siciliana, Linda Vancheri, delegata dal Presidente Rosario Crocetta, invitato a norma dello Statuto regionale.
La proroga sarà di altri sei mesi.

Castiglione. Un'interrogazione parlamentare per salvare il Liceo delle Scienze Umane

Un'interrogazione parlamentare è stata presentata nei giorni scorsi dalla deputata del Pd Luisa Albanella per salvare la sede associata di Castiglione di Sicilia dello storico liceo "M. Amari" di Giarre. “ La soppressione di ben tre classi depriva tutta una generazione di giovani di quel diritto allo studio sancito dalla Costituzione e favorisce la dispersione scolastica”-così la prof.ssaGreco Rosanna, docente di lettere presso l’Istituto, motiva la richiesta di una risposta da parte del Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca.


INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 

ALBANELLAAl Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca – Per Sapere - Premesso che:

il liceo delle scienze umane ed economico sociale di Castiglione di Sicilia (Ct), sede associata dell’I.I.S, M. Amari di Giarre (Ct) costituisce e ha costituito da oltre cinque decenni un centro culturale e formativo di notevole importanza sia per il comune stesso sia per i comuni dell’hinterland (S.Domenica Vittoria, Roccella Valdemone, Malvagna, Moio, Randazzo, Linguaglossa, Graniti, Francavilla, Gaggi) in quanto unico istituto con indirizzi specifici di scienze umane / economico sociale su tutto il territorio;
inoltre, rappresenta l’unico e naturale proseguimento di studi per gli studenti del comune incidendo in maniera considerevole sulla limitazione della dispersione scolastica;
il comune di Castiglione di Sicilia è considerato comune montano ai sensi dell’ex legge 1/03/1957 n. 90 e richiamato art. 1 Legge 25 /07/1952 n. 991; per ordinanza del TAR di Catania dicembre 2005 continua a essere tale e al 30 giugno 2014 risulta inserito nell’elenco dei comuni italiani redatto dall’ISTAT con le indicazioni “ T” (ovvero comune totalmente montano);
le scuole dei comuni montani non possono considerarsi come semplice trasposizione del modello impoverito delle scuole di città in quanto costitiuiscono per gli stessi la matrice identitaria, il naturale luogo di aggregazione, di crescita e condivisione del senso di appartenenza territoriale.
lo scorso 12 maggio 2014 i docenti dell’istituto suddetto sono stati informati dal Dirigente Scolastico della soppressione delle classi I, II e III ai sensi della C.M. n. 34 del 1/04/2014 (oggetto: Dotazioni organiche del personale docente per l’a.s. 2014/2015) e di conseguenza individuati in soprannumero e invitati a presentare domanda di mobilità condizionata;
la necessità per gli studenti delle classi in oggetto di iscriversi in altri istituti dello stesso indirizzo, parecchio distanti e non facilmente raggiungibili con i mezzi pubblici, determinerebbe nella maggior parte dei casi un aggravio di spese, anche perché non tutti i comuni del comprensorio riescono a provvedere al trasporto gratuito degli studenti le cui spese quindi sono spesso interamente a carico delle famiglie

:-
Quali provvedimenti il ministro interrogato intenda adottare in merito alla soppressione delle classi I, II e III del liceo delle scienze umane ed economico sociale di Castiglione di Sicilia (Ct) al fine di tutelare i giovani residenti di quel diritto allo studio sancito dalla Costituzione.

sabato 26 luglio 2014

Giarre. Piano Regolatore: Perché “Cemento Zero” non resti solo uno slogan…

Hanno preso il via le grandi manovre sul piano regolatore. A parole la posizione assunta dal sindaco pare largamente condivisibile, può diventarlo anche nei fatti, ma bisogna prima capire in che cosa si tradurrà lo slogan “Cemento Zero”. In particolare servirà vedere se si trattaterà di bloccare qualunque forma di speculazione edilizia volta a creare nuovi insediamenti abitativi, in una città in cui la popolazione non cresce o se tornerà di moda l’idea di trasferire le cubature da un'area all'altra della città, sulla base di criteri assolutamente discrezionali e quindi inevitabilmente clientelari; qui bisognerà certamente tener conto delle forti pressioni che si eserciteranno sull'Amministrazione e sul Consiglio comunale. Da questo punto di vista, nella passata legislatura sono emersi comportamenti certamente deprecabili, considerato che nel momento in cui si trattava di approvare il piano regolatore venivano proposti discutibili emendamenti da parte di alcuni Consiglieri comunali, i quali cercavano di valorizzare aree “d’intersse”. Ecco, se il sindaco manterrà totalmente fede a quanto detto, con l'opzione cemento zero ogni genere di speculazione dovrebbe evaporare. Questa scelta potrebbe consentire di rendere la città più vivibile attraverso l'espansione delle zone verdi, la creazione di strutture turistiche, nonché la cogestione di spazi pubblici per l'insediamento di attività produttive.
Tutto ciò impone e imporrà una seria discussione sullo sviluppo della città e sulle sue vocazioni, sulla base delle quali bisognerà organizzare un'efficace pianificazione territoriale.
Deve essere solo la vocazione naturale del territorio a indicare la rotta per un piano regolatore moderno ed efficiente, qualsiasi altro fattore appartiene al passato ed è bene che vi rimanga.
Lo stesso discorso deve valere anche in materia di valorizzazione del centro storico, il quale deve essere oggetto sia di tutela dell'assetto storico, sia di una nuova e moderna vivibilità complessiva, questa però non può avvenire attraverso la concessione di nuove cubature, perché ciò comporterebbe l'incetta di immobili a fini speculativi e quindi ulteriore disordine nella struttura del centro storico. Bisogna scoraggiare con tutti i mezzi potenziali “ furbetti del quartierino”, poiché questi potrebbero avvantaggiarsi di politiche sbagliate che potrebbero maturare sul Prg. Il centro storico va sviluppato, quindi, con la ristrutturazione e la bonifica di ciò che c'è già, nel rispetto di un piano del decoro urbano che deve assolutamente essere varato e poi rispettato negli anni. Anche in quest'ottica è sbagliato alienare le proprietà comunali, in una città in cui nel passato si è avuta l'allegra politica delle locazioni che come risultato avevano l’esoso esborso dell'ente comunale in favore di pochi “fortunati”. I beni destinati all'uso pubblico devono rimanere tali, vincolati a questa destinazione, scoraggiando qualsiasi acquirente magari speranzoso in facili cambi di destinazione d'uso. Questa deve essere una pietra miliare irrinunciabile.
Al di là degli slogan -che per il bene di Giarre è giusto sperare che si traducano in realtà- e delle scelte di dettaglio che si effettueranno, dovrà essere chiaro a tutta la classe politica giarrese -specie a chi siede nella stanza dei bottoni- che il nuovo piano regolatore dovrà servire principalmente a rendere la città vivibile e a porre le basi per la creazione di nuovo lavoro, certamente non per incoraggiare la speculazione utile ad arricchire soltanto poche persone e gruppi di pressione.
Infine, un consiglio non richiesto. Per dare luce ad un buon Prg, l'Amministrazione e il Consiglio comunale dovrebbero valutare la possibilità di coinvolgere in prima battuta tecnici di diverse estrazioni politiche e di diverse tendenze culturali, e poi anche tutto il resto della cittadinanza, magari aprendo un forum dove tutti cittadini possano dialogare con le istituzioni, suggerendo delle azioni e chiedendo spiegazioni.
I Giarresi onesti sono testardi, sperano ancora nella “casa di vetro”, magari aumentando la cubatura -questa sì- della trasparenza.

Alberto Cardillo, I Vespri, 26/07/2014

Giarre. Un sindaco contorsionista nella palude

Come una contorsionista il sindaco Bonaccorsi passa dalla comunicazione social al “tirare a campare” del sempre prodigo di insegnamenti di ars politica Giulio Andreotti. A un anno dal suo insediamento il re –o meglio il sindaco- è nudo nella sua incapacità di gestire le varie fazioni della sua maggioranza, ciascuna delle quali scalpita per un posto al sole. C’è il dato politico di derivazione nazionale, l’implosione del PdL , che nel consiglio comunale giarrese ha dato campo a posizione personali e ad improbabili accoppiate, ci sono gli agguati della galassia si Art 4, qualcosa che dalla vecchia politica eredita la peggiore fumosità ribalda e di nuovo ha solo qualche facce, il tutto nel più totale e disarmante disinteresse della città, ormai avvezza a questo squallido risiko dei gruppi consiliari che nascono come funghi alle prime piogge, in un incomprensibile valzer di posizioni che via via assumo, ma con il faro fisso dell’irrilevanza nella produzione di politiche efficaci. Il sindaco ambiva ad essere acqua fresca nello stagno giarrese, ma paga l’aver costituito una coalizione con i residui di una palude. A poco serve sfornare annunci, rassegne e manifestazione se poi nulla di tangibile è stato prodotto in termini di vivibilità in questa città e il segno del degrado è evidente, non solo nelle discariche disseminate per Giarre, ma anche nella escalation criminale che interessa tutta l’area, ma per la quale nessuna politica è stata messa in campo e neanche pensata. Come fare allora? La smetta il Sindaco con le fughe in avanti, ricche di slogan e povere di sostanza, si individui un metodo che coinvolga maggiormente il consiglio e le forze attive e vive della città –le categorie produttive, i professionisti, le intelligenze, le associazioni e i partititi-, si individuino alcune priorità: la mobilità urbana, l’istruzione, un intervento incisivo di sostegno per una determinata parte di popolazione che sta soffrendo la crisi, le famiglie monoreddito o senza reddito con figli a carico. Ora se si procedesse così, individuando degli obbiettivi, degli attori che devono elaborare delle strategie politiche per il raggiungimento di soluzioni per questi tre nodi, tutti balletti della politica e tutta l’incapacità di gestire la crisi degli equilibri politici dentro la maggioranza svanirebbero di fronte alla realtà della vita quotidiana di questa città e dei problemi che giorno per giorno devono essere affrontati. Basterebbe che il sindaco smettesse di agitarsi, divaricato tra i pezzi della sua maggioranza e gli annunci del suo IO, ipercomunicativo sui social network quanto inconcludente nella realtà quotidiana di questa città. Basta con le contorsioni nella palude, è stato una anno di social marketing e nulla più: Giarre e le 365 giornate di social noia. Non c’è dubbio che questa città debba “girare pagina”, ma bisogna che non lo si faccia con le mani unte di passato e bisogna pure avere qualcosa da scrivere nella pagina successiva, il futuro non aspetta.

Spectator, I Vespri, 26/08/2014

sabato 19 luglio 2014

Ecco come Mascali può tornare a volare alto

Un antico proverbio della saggezza popolare siciliana dice che “Cchiù scuru di mezzanotti 'un po' fari” (non può esserci più buio che a mezzanotte), ed è vero, ogni iattura, anche la più feroce, ha un inizio, uno sviluppo e una conclusione.
Nei prossimi mesi, quando si concluderà il mandato dei Commissari prefettizi, Mascali, la città della Contea, la città sepolta e ricostruita, sarà chiamata a chiudere -si spera per sempre- un lungo ciclo ultraventennale costellato da mala politica, arresti eccellenti, scioglimenti per infiltrazione mafiosa, e tante altre vergogne su cui è meglio posare sopra la pietra dell’oblio.
Mascali ha bisogno di rinascere una seconda volta, collegandosi idealmente con le gesta dei “padri” che a cavallo tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, dopo la distruzione provocata dell’eruzione dell’Etna, riuscirono nell’impresa di ricostruire fisicamente una nuova città nel breve volgere di qualche decina di mesi.
“I mascalesi che romanamente sopportarono grave sciagura e silenziosi come troiani -recita una lettera inviata nel 1929 al Duce da un notabile mascalese- non domandano nulla, perché assai sperano nella volontà del Vostro Governo nel sostenere lo sforzo d’onore e d’amore di un popolo laborioso che tutto vuole tranne che l’infausta resa”.
Oggi onore, amore e una buona dose di rabbia positiva, serviranno ai moderni mascalesi per spazzare le rovine morali -e giudiziarie-, rinnovando il mito della “Città nuova” e ripartendo proprio dall’onesta laboriosità, dalla storia, dalla cultura e dalla naturale vocazione turistica del territorio della vecchia contea.
Per rinascere, dunque, Mascali deve prima d’ogni cosa riappropriarsi del proprio blasone di città della cultura, non per presunzione ma perché Mascali sia durante che anche dopo il periodo della contea, è stata per secoli sinonimo di potenza, nobiltà, lavoro, produttività.
Per esempio, quasi nessuno sa Vitaliano Brancati trascorse lunghi periodi della sua giovinezza a Mascali, e che l’avv. Rosario Brancati (padre di vitaliano), fu Commissario Prefettizio di Mascali. All’epoca, racconta Vitaliano Brancati nel romanzo “Don Giovanni in Sicilia”, in quella che oggi è la sala del Sindaco si tenevano serate da ballo ove erano invitati i migliori nomi della nobiltà e dell’ascendente borghesia catanese.
E poi, come ignorare la straordinaria bellezza dello stile razionalista sulla quale è stata fondata l’architettura della nuova città. E’ assolutamente doveroso valorizzare ed esaltare l’ordine e l’armonia urbanistica con gli assi viari disposti in modo razionale, secondo uno schema ippodamèo ereditato dalla cultura romana.
Ad un occhio disattento può sembrare incredibile, ma Mascali è il più grande museo a cielo aperto della zona jonico-etnea.
Un’altra grande ricchezza di Mascali è il suo eterogeneo territorio che si estende dal mare della frazione di Fondachello fin sopra l’Etna, con i piccoli e deliziosi centri di Puntalazzo e Montargano. Un territorio così vasto -il doppio di Giarre e quasi il triplo di Riposto-, così ricco di storia, cultura e bellezze naturali, che se gestito con scrupolo e competenza potrebbe davvero sviluppare un modello di economia turistica estremamente redditizio non solo per i mascalesi, ma anche per coloro che potrebbero decidere di investire su questo territorio.
La rinascita di Mascali, quindi, deve viaggiare su quattro direttrici: buona politica, cultura, valorizzazione centro storico, riscoperta delle frazioni.
Fondachello negli ultimi decenni è stata vandalizzata da un’inetta classe politica che ha prestato attenzione solo alla folle corsa alla cementificazione di qualsiasi angolo rimasto libero, dando vita a dei veri e propri mostri urbanistici che hanno creato solo confusione, disagi e caos, con conseguenze disastrose sia dal punto di vista sociale che turistico. Oggi Fondachello non ha un turismo di qualità, sia per i motivi di cui sopra, sia perché mancano anche i servizi più banali, come quello di avere un cassonetto dove gettare i rifiuti. Quindi, gli unici ad assediare la frazione marinara di Mascali sono “turisti” mordi e fuggi che per mezza giornata occupano la spiaggia, nella maggior parte dei casi armati di vivande proprie -quindi non creando ricchezza sul territorio- delle quali rimangono le tristi tracce alla sera quando cala il sipario sulle spiagge insozzate da ogni tipo di scarto alimentare e sporcizia d’ogni tipo.
Ma nonostante tutto Fondachello può certamente risollevarsi, immaginate, per esempio, cosa potrebbe diventare il lungo mare se liberato dalle immondizie e dalla vegetazione selvaggia che ostruisce la visione del mare. Un lungo mare liberato dall’incuria, dove incoraggiare -perché no-l’istallazione di esercizi commerciali dove far ritrovare chi oggi fugge da Fondachello o turisti che oggi nemmeno la conoscono. Se qualcosa del genere potesse diventare realtà, cosa avrebbe da invidiare Mascali alle odierne località marinare più gettonate come Torre Archirafi o, spostandoci verso il messinese, S. Teresa Riva e Furci Siculo?
Ma non solo, restando in tema di frazioni da valorizzare, in collina e in montagna, S.Antonino, Nunziata, Puntalazzo e Montargano, rappresentano dei veri gioielli di pace e incontaminazione.
Qui c’è un precedente positivo, infatti in un tempo non lontano, per circa un ventennio la Pro Loco di Puntalazzo ha organizzato degli eventi capaci di portare nell’omonima piccola frazione montanara migliaia di turisti, molti dei quali decidevano di trascorrere un pezzo delle proprie vacanze trasferendosi per giorni sul posto.
Quella fu un’esperienza embrionale, pensiamo a cosa potrebbe accadere oggi se si creasse un circuito integrato mare-collina-montagna, magari incoraggiando in primo luogo le imprese turistiche con una fiscalità di vantaggio, sia per quanto concerne strutture ricettive medio-piccole come case vacanza e ristoranti, sia per strutture grandi oggi inesistenti, come Hotel, centri sportivi e centri benessere.
Insomma, a Mascali oggi è notte, ma domani, con rabbia e amore, se Dio e la buona volontà dei mascalesi vorranno, potrà essere un giorno splendido di rinascita e di rinnovato orgoglio.

Alberto Cardillo, I Vespri, 19/07/2014

lunedì 14 luglio 2014

Giarre. Le politiche culturali e l’inadeguatezza della classe dirigente

A giarrecontemporanea hanno parcheggiato la cultura nel cortile del comune e dicono che c'è spazio di riscatto: l'hanno mica rapita?
Giarrecontemporanea è una città dove resiste una sola libreria, eppure questa è città di scuole, dell'istruzione, ma l'offerta culturale è complessivamente assai ridotta, come pure la domanda. A finire imputata come sempre la politica: non c'è stata e non c'è alcuna politica culturale -non si semina nulla e il raccolto è proporzionale- se poi chi amministra si trasforma in un organizzatore di eventi non si tratta più di visioni politiche differenti su cui scontrarsi o andar d'accordo, semplicemente non c'è più politica, manca la visione di insieme, il progetto, non c'è nessuna sfida da proporre alla città per il futuro. Ora c'è "girare pagina", una rassegna letteraria (nell’immaginazione dell’amministrazione), in realtà niente più che una passerella con vetrina per libri, autori e sindaco (fantastico tirar fuori in un cortile sedie e poltrone e dire "abbiamo fatto la rivoluzione!", lo sanno tutti che le rivoluzioni nascono nei parcheggi, a Giarre poi dove parcheggiare è davvero qualcosa di rivoluzionario hanno parcheggiato la cultura nel cortile del comune...) ma non è che un volantino senza risvolto, l'ennessima trovata parapubblicitaria -buona solo a coprire il vuoto di proposta e attività politica- pronta a non lasciare traccia dopo qualche attimo senza una politica culturale organica e articolata che investa sulle numerose scuole di Giarre e sui talenti che vi crescono, fornendo loro opportunità e occasioni di sviluppo come singoli e per l'intera comunità. Forse la medesima iniziativa ad opera di una associazione sarebbe stata in sé mirabile e forse lo è, ma il punto è può mai essere queste il modo di condurre una politica culturale nella città di Giarre? La città delle scuole può fare salottini letterari snob, dalle 20 alle 22 nelle afose sera di estate, come un trastullo per pochi e chiamare questi eventi “politica culturale”? Davvero l’amministrazione crede che il riscatto di Giarre passi per i salottini? Le politiche culturali sono qualcosa di più serio e andrebbero contestualizzate nella città, nei suoi bisogni e dovrebbero mirare a obiettivi di lungo periodo, strategici, a Giarre paiono due: primo, valorizzazione dei talenti, delle eccellenze coinvolgendo scuole università e istituti culturali; secondo, lotta all’esclusione sociale e all’abbandono scolastico, coinvolgendo scuole e terzo settore (associazioni, volontariato, parrocchie). L’azione politica deve essere mirata a generare il cambiamento della città -questo è avere il “background progressista”- il resto sono chiacchiere su comode poltrone, sotto narcisistici faretti, ma in fondo questa è giarrecontemporanea. Certo, bisognerebbe allora chiarire quali sono e come si conducono e pianificano le politiche pubbliche per la cultura –manca il know how- ed ecco emergere il tema ricorrente di questi corsivi: l’inadeguatezza degli amministratori giarresi, di questa classe dirigente (che non c’è). C'è un investimento di risorse umane e finanziarie, non sotto forma di evento, ma come percorso? No, non c'è, allora amministrare diventa gestione dell'ordinario, in una prospettiva temporale schiacciata su un eterno presente (e il discorso sui fini!?), con qualche pizzico di narcisismo. A qualcuno può andar bene ma a far così poco basterebbe un automa, chessò un'app che seleziona personaggi, organizza eventi e invia inviti. Se forse il dissesto finanziario può essere ancora evitato, sul dissesto culturale dell'attuale classe di governo non ci sono dubbi. Una politica culturale ha bisogno di uno straccio di idea ma a giarrecontemporanea non c'è. Non ci resta che girare pagina sperando di trovare una nuova amministrazione e una storia da scrivere assieme e meglio.

Dario Li Mura, 12/06/2014

sabato 5 luglio 2014

Giarre. Presentato al Rex il Piano "Garanzia Giovani"

Grande partecipazione di pubblico, moltissimi i giovani al convegno GARANZIA GIOVANI “Così ti inizio il lavoro, accetti la sfida?”, tenuto presso l’Istituto Alberghiero di Giarre, organizzato dalla Dott.ssa Nerina Patanè Dirigente del Centro per l’Impiego di Giarre, che ha fatto gli onori di casa spiegando la missione dei centri dell’impiego nell’assistere i giovani disoccupati, i Neet, cui è destinata la Garanzia Giovani. Per conto della presidenza della Regione Sicilia è intervenuto il Dott. Caudo che ha posto l’accento sulla portata innovativa della Garanzia Giovani nel trasformare la Formazione Siciliana, troppo a lungo carrozzone clientelare al servizio della cattiva politica, in strumento per il lavoro e l’occupazione, destinato dunque a giovani e imprese. Ospite d’onore era l’Assessore Regionale all’Istruzione e alla Formazione Professionale Nelli Scilabra che oltre a descrivere con dovizia la sua “creatura”, il Piano Giovani, nelle repliche agli interventi della sala ha invitato quelli di qualche generazione precenti alla sua –che è una ventinovenne- di lasciare il pessimismo e di nutrire una speranza prima che tutti i giovani di Sicilia –questi sì col diritto di essere pessimisti- vadano via, dopo anni in cui una infinita ricchezza è stata sperperata e oggi tutte le crisi e le debolezze dell’isola sembrano esplodere. Per spiegare in dettaglio la Garanzia Giovani è intervenuta Patrizia Caudullo, Coordinatrice Regionale Welfare to Work Italia Lavoro. Per aderire al bando della Garanzia Giovani è sufficiente essere un giovane tra i 15 e i 29 anni, non impegnato in un’attività lavorativa né inserito in un corso scolastico o formativo e iscriversi sul sito http://www.garanzia giovani.gov.it. A Garanzia Giovani Sicilia sono stati destinati 178.821.388 euro ripartiti tra all'accoglienza formazione, 15 apprendistato, tirocini. La Regione ha destinato una quota consistente (circa 20 milioni di euro) all'autoimpiego per dare spazio a giovani con ambiziosi progetti imprenditoriali e principalmente per la creazione di imprese ad alto contenuto innovativo le cosiddette start up. Gli iscritti verranno contattati dal Centro per l’Impiego di riferimento per un appuntamento nel quale avvera la presa in carico e l’attività di profiling, cioè verranno ad un tempo individuate attitudini e potenzialità e dato un punteggio che rappresenta il gradi di vicinanza al modo del lavoro dando punteggi più alti a soggetti più svantaggiati al fine di rendere più efficace l’azione. Diverse le misure previste oltre al contratto di lavoro “diretto”, formazione, servizio civile, apprendistato, tirocini. In Sicilia il Governo Regionale ha cercato di unire e moltiplicare così i benefici e l’estensione della platea di destinataria con Il piano giovani, su cui durante il convegno si è soffermata a lungo l’Assessore Scilabra. La Regione Siciliana in collaborazione con Italia Lavoro ha destinato al Piano Giovani 19.250.000 euro per l’avviamento di percorsi di tirocinio per giovani disoccupati/inoccupati, diplomati o in possesso di qualifica professionale. 2000 percorsi di tirocinio formativo e di orientamento, di inserimento o reinserimento con la concessione al tirocinante di una borsa di tirocinio. I percorsi di tirocinio avranno una durata di 6 mesi (12 mesi per i laureati durante il tirocinio obbligatorio per l’iscrizione all’albo professionale) e una borsa di 500 euro lordi mensili per ciascun tirocinante. Sia i giovani che le aziende interessate possono iscriversi sul portale http://www.pianogiovanisicilia.com.

D.L., I Vespri Giarre, 05/07/14

Salvo Andò: “Renzi è il leader di una nuova stagione riformista italiana e europea”

Le aspettative che aleggiano intorno a Matteo Renzi sono enormi. Facendo un parallelismo con quello che accade nel mondo del calcio -visto che siamo in clima mondiale- per i suoi “fans”, il Presidente del Consiglio è una sorta di Maradona, un fuoriclasse al quale viene perdonato l’eccesso di estro pur di veder uscire dal suo cilindro la giocata strabiliante per la vittoria finale; per i critici è una specie di Balotelli, tutto fumo e niente arrosto. Ma davvero l’ex sindaco della città di Dante riuscirà nell’impresa di rinnovare l’ormai logoro assetto istituzionale italiano? Ne abbiamo parlato con Salvo Andò.
L’ex Ministro della Difesa e Rettore dell’Università Kore di Enna, oggi è presidente dell’ Osservatorio mediterraneo sui diritti umani, ed è tra i padri fondatori della Fondazione LabDem, un libero pensatoio d’ispirazione socialista e democratica.

On. Andò, nell’arco di poco più di un anno Renzi è passato dalla “rottamazione” alle riforme istituzionali. L’ex Sindaco di Firenze riuscirà nell’opera di dare vita a riforme condivise?
Ritengo che il complesso delle riforme che sono state indicate da Renzi costituiscono un vero e proprio ridisegno del sistema costituzionale italiano. Soprattutto con riguardo alla forma di governo. Da questo punto di vista si può parlare di una vera e propria “grande riforma” che va nella direzione di una semplificazione del processo decisionale, di una sostanziale riduzione di costi con riferimento alla complessiva macchina dello Stato, di una maggiore trasparenza nell’attività della pubblica amministrazione. Insomma queste riforme hanno un preciso senso, poiché scaturiscono da una visione unitaria di quello che dovrebbe essere lo Stato nel mondo dell’interdipendenza, e soprattutto nella prospettiva di un processo di integrazione europea che possa andare avanti.
Si tratta certo di un processo ambizioso, che sta incontrando molte comprensibili difficoltà e altre ne incontrerà ancora, sia perché si tratta di sconfiggere delle abitudini politiche che si sono consolidate nel corso di quasi settant’anni di vita repubblicana, attraverso le quali si sono selezionate le classi dirigenti e si sono strutturati partiti quelli vecchi della prima Repubblica e quelli nuovi della seconda. Non c’è dubbio che le riforme devono anche fare i conti con calcoli di natura personale. Non è certo facile per un senatore accettare che il “suo” Senato non ci sarà più. E’ però, questa della difesa intransigente dei principi posti a base della grande riforma, è l’unica strada da percorrere. Non si può fare una riforma delle istituzioni degna di questo nome potendo contare sull’entusiastica adesione di tutti. E’ anche umanamente comprensibile che vi siano delle resistenze, l’importante è che queste resistenze non diventino un ostacolo politico insormontabile, o peggio, non diano vita ad uno schieramento politico che organizzi l’ostruzionismo, allo scopo non di fare un’altra riforma ma di non farne nessuna.

C’è un possibile rischio fallimento dietro l’angolo come quello della bicamerale di dalemiana memoria?
Non credo che si possa ripetere l’esperienza della bicamerale D’Alema, anzitutto perché i tempi sono cambiati, i partiti sono meno forti di allora, ma è cambiata anche la filosofia che sta alla base della riforma istituzionale. In quella commissione si trattava della riforma istituzionale ma si trattava anche di siglare un accordo politico, su quei lavori aleggiava lo spirito di un patto più o meno di tipo consociativo. 

L’apertura di Grillo alla discussione sulla legge elettorale e sulla riforma della Costituzione è stata accolta con un po’ di sorpresa e con molta freddezza da parte del PD. Salvaguardare il ruolo di Berlusconi come interlocutore principale è l’unico modo per portare a casa il risultato?
Se vuole sintetizzare questo mio giudizio con uno slogan credo che la linea dell’attuale premier sia più o meno questa: discutere con tutti ma non riconoscere il diritto di veto a nessuno, anche perché mi sembra che gli interlocutori più intransigenti ormai abbiano una pistola scarica in pugno, possono fare cadere il governo ma di fronte alla prospettiva di un’elezione che potrebbe diventare un referendum su Renzi e sulla politica delle riforme, nessuno ha intenzione di arrivare alla rottura, soprattutto dopo il risultato delle elezioni europee.
Entrando nel merito delle riforme, molti, pur riconoscendo l’intraprendenza del nuovo PD di Renzi, criticano l’Italicum, principalmente per la riproposizione delle liste bloccate, e la riforma del Senato per la non elettività e per la reintroduzione dell’immunità. Qual è il suo giudizio?
Sul piano del metodo è corretto discutere e discutere con lealtà con la maggiore forza d’opposizione che si dichiara disposta a sedersi al tavolo delle riforme. Ma se c’è un’apertura da parte dei grillini è bene discutere anche con loro che tra l’altro sono divisi al proprio interno e lo saranno sempre più, fintantoché verrà portata avanti dai due gestori di quel movimento una linea molto avventurosa che porta a congelare milioni di voti che sono arrivati da parte di elettori che volevano protestare, e magari ancora vogliono protestare,ma vogliono soprattutto che i loro problemi vengano affrontati e risolti in modo realistico. Credo che sia interesse del paese che il movimento di Grillo si organizzi nelle forme di un’opposizione che sta dentro il sistema, anche se il movimento non vuole essere un movimento del sistema.Le ultime europee hanno mandato un segnale fortissimo di dissenso nei confronti di questa Europa. L’elettorato ormai libero da vincoli ideologici ha fatto si che ad esempio in Francia molti ex elettori della gauche abbiano scelto la Le Pen per via del suo linguaggio diretto contro quelle istituzioni europee che sono comunemente viste più come un peso che come un vantaggio.

La scelta dei Socialisti di sostenere Juncker non rischia nuovamente di appiattire tutto “l’arco costituzionale” europeo sulle politiche di rigore imposte dalla Germania?
Credo che prima di giudicare la politica estera di Renzi nel merito delle sue proposte,bisogna muovere da un dato che riguarda la situazione in cui si è voluto trovare il paese in questi anni a livello internazionale soprattutto in Europa,a causa di una politica estera debole o forse sarebbe più corretto dire inesistente. In Europa ci siamo mossi come gli ultimi della classe, quelli che chiedono solo comprensione e la chiedono col cappello in mano, dimenticando il ruolo storico dell’Italia nella costruzione dell’Europa e nel progresso del processo di integrazione. Mi pare che qualcosa stia cambiando. E’ la considerazione dell’Italia come sistema paese che sta cambiando grazie ad una diversa immagine che è riuscito a dare di sé questo governo soprattutto dopo la straordinaria, per certi aspetti sorprendente, vittoria del premier alle elezioni europee. E’ un fatto di grande importanza che il Partito Democratico, il partito di cui Renzi è segretario, sia oggi il più grande partito all’interno del Partito Socialista europeo, e che le posizioni italiane sul futuro dell’Europa non possono non impegnare, direi oggettivamente, l’intero partito del socialismo europeo che è uno dei due grandi interlocutori della politica europea. Mi pare, da questo punto di vista, che per l’Italia gli esami, quelli cattivi,che ci assegnavano solo il compito di saper fare bene i compiti a casa, siano finiti. Vedo un atteggiamento diverso nella stessa posizione tedesca, anche perché la posizione del premier italiano, espressa a proposito dell’elezione del nuovo Presidente della commissione europea sta risultando vincente. E’ stato giusto chiarire la scelta della persona che va ad assumere quella responsabilità è tanto importante quanto il programma delle cose che egli si impegna fare. Il prevalere di questa linea è un grande successo politico per noi, agli occhi dell’opinione pubblica europea, che non è abituata al teatrino della politica che tanto ci occupa in Italia, ma è solita pesare la credibilità di un leader anche sulla base dei voti che prende, della stabilità politica che riesce a garantire al suo paese, e dell’ascolto che riesce a conseguire presso le cancellerie europee. Credo che anche gli avversari di Renzi dovrebbero essere contenti del fatto che l’Italia risalga la china nella considerazione internazionale, che il Presidente del Consiglio italiano non è solo convocato dagli altri al momento di prendere le decisioni, ma riesca anche lui a convocare gli altri. E’ questa una delle condizioni perché un paese sia preso sul serio.
Insomma è sbagliato guardare alla politica europea con occhiali italiani che portano spesso a concepire l’opposizione come risorsa buona solo a distruggere. L’opposizione deve costituire un’alternativa alla politica della maggioranza, ma non un’alternativa distruttiva. Quei tempi sono finiti!


Guardando alla prospettiva dei prossimi decenni, è possibile immaginare un’Italia che nell’ottica di uno sviluppo sostenibile guardi meno alle economie del nord Europa e più ai Paesi della sponda sud del Mediterraneo? A detta di molti esperti, questa potrebbe essere una delle soluzioni principali per rendere l’Italia leader di un’area strategicamente fondamentale per tutto il mondo occidentale… Una volta risolti problemi dei conti pubblici in Europa mi auguro che ci si occupi di più di un riorientamento dell’Europa verso i paesi della sponda sud del Mediterraneo,un’area nella quale l’Italia negli decenni passati è stata presente da protagonista. Il Mediterraneo è il “nostro mare, e tutto ciò che avviene in questo continente liquido riguarda l’Europa. Del resto, non dobbiamo occuparci solo di questi paesi limitandoci a individuare in essi la fonte della minaccia,ma cercando di vederli come una grande opportunità, per i processi di sviluppo che si possono avviare e che riguardano tutta la regione mediterranea, per la forte domanda di democrazia che emerge da quelle popolazioni le quali per la prima volta guardano a modelli di organizzazione politica e sociale che sono molto simili a quelle dell’Occidente. La transizione verso la democrazia in quel mondo è certo difficile, ma lo è stato anche in Europa nei secoli scorsi; sino all’ultima guerra la gran parte degli Stati europei era governata da dittature. Cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno di quel mondo, risiedono moltissimo giovani, c’è quindi uno straordinario capitale umano che aspetta solo di essere valorizzato. Inoltre vi sono grandi risorse ambientali che devono essere messe a disposizione tutto il pianeta. L’Europa deve avere una politica che la renda credibile un’indegna questa direzione, a cominciare da un progetto di sviluppo bi continentale che leghi in qualche modo i destini dell’Europa ed i destini dell’Africa.
L’Europa negli ultimi decenni è invecchiata, ma soprattutto è invecchiata male. Occorre un rapporto con queste popolazioni che sia basato non sull’aiuto che viene barattato con ingerenze di tipo neocoloniale , ma su una visione comune di ciò che il Mediterraneo potrebbe essere in un nuovo assetto geopolitico che mette in discussione la vecchia centralità euroatlantica.
Dobbiamo certo guardare verso l’est dell’Europa, ma quel mondo tutto quello che poteva dare, lo ha già dato; dobbiamo abituarci a guardare più verso il sud, pensare ad un’alternativa mediterranea, e pensare soprattutto alla politica europea nei confronti dei paesi della sponda sud come ad un coraggioso esperimento nel campo di nuove politiche dello sviluppo, che riducano le crescente distanze che esistono tra il nord ed il sud del mondo. Mi piace pensare al Mediterraneo come laboratorio di questi nuovi assetti. Dobbiamo però avere il coraggio di riconoscere, non solo a parole, il diritto allo sviluppo. Se esso verrà garantito, molti problemi di sicurezza nella regione si risolveranno; c’è un preciso rapporto fra fondamentalismo islamico e sottosviluppo. Se si afferma un modello di progresso condiviso è più facile avere un modello di sicurezza cooperativo in cui tutti gli Stati possono essere insieme fruitori e consumatori di sicurezza, e quindi si può, quanto meno in via tendenziale, realizzare una maggiore uguaglianza tra gli Stati, evitando che vi siano stati che vendono sicurezza e Stati che la devono comprare rinunciando a quote della loro sovranità, aprendo così la strada a rivendicazioni a sfondo nazionalistico.

 AC, I Vespri, 05/07/2014


martedì 1 luglio 2014

Decesso Tenente De Falco. Cordoglio del Capo di stato maggiore della difesa.

Il capo di stato maggiore della difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, appresa la notizia del decesso del tenente Antonio De Falco, del 62° reggimento fanteria “Sicilia” di stanza a Catania, rimasto ferito a seguito dell’incidente automobilistico che lo ha visto coinvolto lo scorso 25 giugno, ha espresso ai familiari del giovane militare e al capo di stato maggiore dell’esercito il profondo cordoglio a nome delle forze armate e suo personale.

Fonte: Stato Maggiore della Difesa

sabato 28 giugno 2014

Giarre querelara. Caro Sindaco, così non va

“Ha vinto al Festival di Cannes il film che dice tante cattiverie su di me? Se uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato. Dunque...”.
Quelle sopracitate solo le parole che Giulio Andreotti rilasciò ad un’agenzia di stampa nel 2008, commentando la notizia del successo de “Il Divo” al festival del cinema di Cannes.
Ho voluto lasciare l’incipit di questa mia breve riflessione alle parole di un gigante della prima repubblica che nel bene e nel male ha segnato gli anni della trasformazione dell’Italia da nazione sconfitta a potenza mondiale.
Qualcuno si chiederà cosa centri Andreotti con “Giarre contemporanea”, cosa centri quella politica con l’attuale; la risposta è poco o niente. E vi spiego perché, purtroppo.
Sono rimasto tristemente sbalordito nell’apprendere la notizia che il sindaco della mia città ha denunziato Giannunzio Musumeci per una frase pronunciata a margine di una seduta di un Consiglio comunale, nel pieno espletamento del diritto-dovere di controllo che spetta ad un consigliere, specie se di opposizione.
La politica che finisce in un’aula giudiziaria non è politica, quantomeno in uno Stato di cultura liberale.
Il sindaco e il suo entourage certamente controbatteranno sulla gravità dell’affermazione pronunziata dal Musumeci, ma chi è che in politica può stabilire il livello di gravità di un’affermazione pronunciata nel contesto di un acceso dibattito su una questione politicamente controversa?
Musumeci sarebbe colpevole di aver definito Bonaccorsi come un “affarista”,  presunta offesa maturata nel contesto della battaglia dell’opposizione contro il progetto di allargamento di Piazza Duomo caldeggiato in prima persona dal sindaco.
A dire del consigliere, il sindaco nell’allargamento della piazza ci avrebbe guadagnato, poiché grazie alla chiusura del prolungamento di via Garibaldi sarebbe aumentato il valore degli immobili di proprietà della sua famiglia che -è un fatto inoppugnabile- si affacciano proprio sulla piazza in questione. Il sindaco ha agito con dolo? Nessuno, né tantomeno l’opposizione non può dirlo, ma può certamente dubitarne, può quest’ultima accendere una spia nel livello di controllo da parte dell’opinione pubblica. Insomma, è del tutto legittimo che l’opposizione chieda al sindaco di essere al di sopra di ogni sospetto, così come deve essere ogni uomo delle istituzioni. Ci sta che nel fervore dialettico dello scontro tra due visioni politiche scappi una parola in più, così al forse troppo ardito “affarista” del Musumeci sarebbe stato più logico e giusto aspettarsi una replica immediata tipo “imbonitore!” o “imbroglione!”, chiudendo lì la questione, senza ricorre alle carte bollate.
Tra l’altro, nel frattempo, sull’onda del largo dissenso popolare la proposta di allargamento della piazza è stata abbandonata.
Ricollegandomi all’autorevolezza di quella politica di cui Andreotti fu uno dei simboli insieme a Berlinguer, Almirante, Craxi, ecc,  mai a Giarre è accaduto che un sindaco querelasse un consigliere per parole proferite in merito ad una contesa politica, eppure le cronache di un tempo ci parlano di Consigli comunali al limite dell’incandescente, dove non si dibatteva solo su “monotoni” debiti fuori bilancio, riequilibri di bilancio, ecc. C’era la politica ideologica, c’era cultura politica e conseguente mutuo riconoscimento di legittimità, per cui meglio una sedia in testa che una querela.
Ma a dire il vero anche negli ultimi vent’anni è stata una sorta di regola non scritta quella di evitare il ricorso del sindaco a vie giudiziarie contro rappresentanti della volontà popolare, se è vero com’è vero che prima Toscano e poi la Sodano ne hanno sentito dire di tutti i colori e di tutte le specie sul loro conto, eppure mai hanno sentito il bisogno di tirare in ballo la Procura.
Caro Sindaco, così non va bene, Lei è un tecnico che sta mettendo in essere un approccio sbagliato alla politica. Abbarbicato sul monte dei tecnicismi, sovente durante le sedute di Consiglio la si vede eccessivamente indispettito per le critiche che arrivano dall’opposizione e talvolta anche da qualche elemento della maggioranza. Metta davvero a frutto quello che Lei stesso definì come il suo “background di sinistra”, ascolti con serenità le critiche, anche le più dure, e replichi senza animosità e senza querele, armandosi solo della grande bellezza della politica che risiede nell’ars oratoria e nel libero confronto-scontro di idee e passioni.
Non trasformiamo Giarre contemporanea in Giarre giudiziaria, lasciamo alla giustizia, invece, l’importante compito di appurare se è vero o no che dipendenti infedeli in passato abbiano lucrato su risorse pubbliche.
Dopotutto la storia ci insegna che in politica l’arroganza e la coda di paglia non pagano. Sono morte le ideologie ed è cambiato il mondo, ma ieri come oggi, a durare sono solo i politici che trasmettono autorevolezza ma non atteggiamenti autoritari. Il Divo docet, per l’appunto.

Alberto Cardillo, iVespriGiarre, 28/06/14

Bonaccorsi querela: un brutto affare

Dell’ampliamento di piazza Duomo il sindaco ha chiesto lo stralcio dal piano triennale delle opere pubbliche. E’ stata una sconfitta su tutti i fronti, con un referendum popolare che si stava organizzando, un moto avverso dell’opinione pubblica senza distinzioni e dei commercianti e residenti interessati, senza dire dei commenti quanto meno caustici e derisori per il sindaco che circolavano su quel social network molto frequentato dalla sua propaganda (fide?). Adesso dopo la sconfitta politica maturata a partire dalle dichiarazioni rese in consiglio dal consigliere Musumeci nello svolgimento delle sue funzioni, a proposito di interessi –immobiliari- privati che nella opacità si intrecciavano con la realizzazione dell’opera pubblica, ha sporto querela. Cerca forse una vittoria giudiziaria a fronte della sconfitta politica? Cerca forse di intimidire e mettere la mordacchia a futuri oppositori e a future incalzanti attività ispettive in consiglio? Si tratta di colpirne uno per educare i restanti oppositori? Dirà forse che la sua onorabilità fu lesa dall’essere stato definito un “affarista” e allora dimostrera a) che lui di affari non ne ha mai fatti (?), ovvero b) che ha condotto solo cattivi affari. Sarà che il sindaco trova questa cosa della democrazia, dove tutti possono parlare e addirittura opporsi, piuttosto fastidiosa e Dio non voglia che con tutto questo “affare” di piazza Duomo abbia perso qualche decina di mi piace nella sua pagina facebook o qualche followers, questa si che sarebbe una lesione della sua onorabilità. In ogni caso si tratta di un brutto “affare”.

Spectator, iVespriGiarre, 28/06/14