“Ha vinto al
Festival di Cannes il film che dice tante cattiverie su di me? Se
uno fa politica pare che essere ignorato sia peggio che essere criticato.
Dunque...”.
Quelle sopracitate solo le parole che Giulio Andreotti
rilasciò ad un’agenzia di stampa nel 2008, commentando la notizia del successo
de “Il Divo” al festival del cinema di Cannes.
Ho voluto lasciare l’incipit di questa mia breve riflessione
alle parole di un gigante della prima repubblica che nel bene e nel male ha
segnato gli anni della trasformazione dell’Italia da nazione sconfitta a
potenza mondiale.
Qualcuno si chiederà cosa centri Andreotti con “Giarre
contemporanea”, cosa centri quella politica con l’attuale; la risposta è poco o
niente. E vi spiego perché, purtroppo.
Sono rimasto tristemente sbalordito nell’apprendere la
notizia che il sindaco della mia città ha denunziato Giannunzio Musumeci per
una frase pronunciata a margine di una seduta di un Consiglio comunale, nel pieno espletamento del diritto-dovere di controllo che spetta ad un consigliere,
specie se di opposizione.
La politica che finisce in un’aula giudiziaria non è
politica, quantomeno in uno Stato di cultura liberale.
Il sindaco e il suo entourage certamente controbatteranno
sulla gravità dell’affermazione pronunziata dal Musumeci, ma chi è che in
politica può stabilire il livello di gravità di un’affermazione pronunciata nel
contesto di un acceso dibattito su una questione politicamente controversa?
Musumeci sarebbe colpevole di aver definito Bonaccorsi come
un “affarista”, presunta offesa maturata
nel contesto della battaglia dell’opposizione contro il progetto di
allargamento di Piazza Duomo caldeggiato in prima persona dal sindaco.
A dire del consigliere, il sindaco nell’allargamento della
piazza ci avrebbe guadagnato, poiché grazie alla chiusura del prolungamento di
via Garibaldi sarebbe aumentato il valore degli immobili di proprietà della sua
famiglia che -è un fatto inoppugnabile- si affacciano proprio sulla piazza in
questione. Il sindaco ha agito con dolo? Nessuno, né tantomeno l’opposizione
non può dirlo, ma può certamente dubitarne, può quest’ultima accendere una spia
nel livello di controllo da parte dell’opinione pubblica. Insomma, è del tutto
legittimo che l’opposizione chieda al sindaco di essere al di sopra di ogni
sospetto, così come deve essere ogni uomo delle istituzioni. Ci sta che nel
fervore dialettico dello scontro tra due visioni politiche scappi una parola in
più, così al forse troppo ardito “affarista” del Musumeci sarebbe stato più
logico e giusto aspettarsi una replica immediata tipo “imbonitore!” o
“imbroglione!”, chiudendo lì la questione, senza ricorre alle carte bollate.
Tra l’altro, nel frattempo, sull’onda del largo dissenso
popolare la proposta di allargamento della piazza è stata abbandonata.
Ricollegandomi all’autorevolezza di quella politica di cui
Andreotti fu uno dei simboli insieme a Berlinguer, Almirante, Craxi, ecc, mai a Giarre è accaduto che un sindaco
querelasse un consigliere per parole proferite in merito ad una contesa politica, eppure le
cronache di un tempo ci parlano di Consigli comunali al limite
dell’incandescente, dove non si dibatteva solo su “monotoni” debiti fuori
bilancio, riequilibri di bilancio, ecc. C’era la politica ideologica, c’era
cultura politica e conseguente mutuo riconoscimento di legittimità, per cui
meglio una sedia in testa che una querela.
Ma a dire il vero anche negli ultimi vent’anni è stata una
sorta di regola non scritta quella di evitare il ricorso del sindaco a vie
giudiziarie contro rappresentanti della volontà popolare, se è vero com’è vero
che prima Toscano e poi la Sodano ne hanno sentito dire di tutti i colori e di
tutte le specie sul loro conto, eppure mai hanno sentito il bisogno di tirare
in ballo la Procura.
Caro Sindaco, così non va bene, Lei è un tecnico che sta
mettendo in essere un approccio sbagliato alla politica. Abbarbicato sul monte
dei tecnicismi, sovente durante le sedute di Consiglio la si vede eccessivamente
indispettito per le critiche che arrivano dall’opposizione e talvolta anche da
qualche elemento della maggioranza. Metta davvero a frutto quello che Lei
stesso definì come il suo “background di sinistra”, ascolti con serenità le
critiche, anche le più dure, e replichi senza animosità e senza querele, armandosi
solo della grande bellezza della politica che risiede nell’ars oratoria e nel libero
confronto-scontro di idee e passioni.
Non trasformiamo Giarre contemporanea in Giarre giudiziaria,
lasciamo alla giustizia, invece, l’importante compito di appurare se è vero o no che dipendenti infedeli
in passato abbiano lucrato su risorse pubbliche.
Dopotutto la storia ci insegna che in politica l’arroganza e
la coda di paglia non pagano. Sono morte le ideologie ed è cambiato il mondo,
ma ieri come oggi, a durare sono solo i politici che trasmettono autorevolezza
ma non atteggiamenti autoritari. Il Divo docet, per l’appunto.
Alberto Cardillo, iVespriGiarre, 28/06/14
Bonaccorsi querela: un brutto affare
Dell’ampliamento di piazza Duomo il sindaco ha chiesto lo stralcio dal piano triennale delle opere pubbliche. E’ stata una sconfitta su tutti i fronti, con un referendum popolare che si stava organizzando, un moto avverso dell’opinione pubblica senza distinzioni e dei commercianti e residenti interessati, senza dire dei commenti quanto meno caustici e derisori per il sindaco che circolavano su quel social network molto frequentato dalla sua propaganda (fide?). Adesso dopo la sconfitta politica maturata a partire dalle dichiarazioni rese in consiglio dal consigliere Musumeci nello svolgimento delle sue funzioni, a proposito di interessi –immobiliari- privati che nella opacità si intrecciavano con la realizzazione dell’opera pubblica, ha sporto querela. Cerca forse una vittoria giudiziaria a fronte della sconfitta politica? Cerca forse di intimidire e mettere la mordacchia a futuri oppositori e a future incalzanti attività ispettive in consiglio? Si tratta di colpirne uno per educare i restanti oppositori? Dirà forse che la sua onorabilità fu lesa dall’essere stato definito un “affarista” e allora dimostrera a) che lui di affari non ne ha mai fatti (?), ovvero b) che ha condotto solo cattivi affari. Sarà che il sindaco trova questa cosa della democrazia, dove tutti possono parlare e addirittura opporsi, piuttosto fastidiosa e Dio non voglia che con tutto questo “affare” di piazza Duomo abbia perso qualche decina di mi piace nella sua pagina facebook o qualche followers, questa si che sarebbe una lesione della sua onorabilità. In ogni caso si tratta di un brutto “affare”.
Spectator, iVespriGiarre, 28/06/14
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