sabato 21 dicembre 2013

Susinni e Monforte ci ricascano: vent’anni dopo di nuovo in carcere

 Sono dieci le persone finite in manette nel corso dell’operazione “Town Hall”, al fine di scardinare la rete di presunti intrecci tra mafia e politica mascalese.
Oltre ai due ex amministratori Filippo Monforte e Biagio Susinni, che per circa un ventennio si sono avvicendati alla guida del’amministrazione e per i quali si sono aperte le porte del carcere, i carabinieri della compagnia di Giarre, coordinati dalla Procura della Repubblica di Catania, hanno arrestato altre otto persone. In cella sono finiti anche Alfio Romeo, uomo ritenuto esponente del clan Laudani e dal quale sono partite le indagini attraverso delle intercettazioni, e Ugo Vasta, noto farmacista.
Sono stati concessi gli arresti domiciliari, invece, a Carmelo Nicodemo, Vincenzo Barbatano, Vito Musumeci, Leonardo Patané, Francesco Sorbello, e Alfio Luciano Massimino (nipote del compianto Presidente del Calcio Catania Angelo Massimino).
Gli indagati sono ritenuti responsabili a vario titolo ed in concorso tra loro dei reati di corruzione aggravata dal metodo mafioso, corruzione continuata per un atto contrario ai doveri d’ufficio, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposta e millantato credito.
L’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia parte da lontano. Susinni e Monforte erano già finiti in carcere nel 1993 per reati molto simili a quelli contestati oggi. Pian piano, però, una volta usciti dal carcere i due ex amministratori hanno ricostruito una base di consenso che nel 2008 gli ha riaperto la stanza dei bottoni del Comune, con l’elezione di Monforte a Sindaco e Susinni a Presidente del Consiglio. Da qui è ripartito il “rewind” di una storia già vista.
Secondo gli investigatori al centro del disegno criminale di Monforte-Susinni c’era il PRG, modificato ad arte per favorire speculazione in cambio di laute bustarelle.
I carabineri, inoltre, hanno scoperto anche che Susinni avrebbe fatto credere ad alcune persone indagate di avere la possibilità, sempre dietro pagamento di denaro, di potere intervenire presso la Corte di Cassazione per ‘pilotare’ alcune sentenze e presso l’Università di Messina per favorire degli studenti nel superamento dei test di ingresso alla facoltà di Farmacia e medicina o negli esami alla facoltà di giurisprudenza.
Lo scorso 27 marzo il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno, ha già deliberato lo scioglimento del Comune per mafia, a seguito di un’altra indagine sfociata nel gennaio scorso nell’operazione “Nuova Jonia”. In questo caso la commistione tra mafia e politica riguarda la gestione dei rifiuti, non solo a Mascali ma anche in alcuni Comuni limitrofi.

(A.C. - I Vespri)


Giarre, Ecco perché il rendiconto sul bilancio 2012 è un imbroglio

Quella che vi raccontiamo questa settimana è la storia di un colossale imbroglio fatto di conti per nulla chiari e contraddittori; la storia di una politica “malata” in combutta con una altrettanto cattiva burocrazia.
Prendendoci la briga di andare a scartabellare una notevole mole di “carte”, abbiamo messo sotto la nostra lente il rendiconto sull’esercizio finanziario 2012, cioè lo strumento con il quale il Comune giustifica le proprie spese ai cittadini.
Le gravi irregolarità che attengono al rendiconto 2012 riguardano principalmente tre tronconi: Servizio idrico, Tarsu, Servizi conto terzi. Ma andiamo con ordine.
La vicenda del canone idrico raddoppiato in un sol colpo con l’ormai tristemente famosa determina 75/bis è noto, basterebbe solo questo per gridare -giustamente- allo scandalo. Ma andando a guardare i numeri probabilmente si può parlare di qualcosa che va oltre lo scandalo. Dal 2003 al 2010 il costo del servizio idrico è costato al Comune una cifra compresa tra un milione di euro e poco meno di un milione e mezzo; nel 2011 il costo è lievitato alla cifra stratosferica di € 2.340.236, ovvero un milione in più rispetto all’anno prima. La voce che ha fatto schizzare il costo complessivo del servizio è stata quella in riferimento all’acquisto dell’acqua: nel 2010 l’acqua è costata al Comune € 274.980, nel 2011 e nel 2012 è costata mediamente € 750.000, una lievitazione dei costi del 181%! Come se non bastasse, nel bel mezzo di questa giungla di numeri “farlocchi” c’è un mistero: perché nel rendiconto 2012 c’è scritto che il servizio è costato € 2.228.000, mentre nella relazione della Giunta Bonaccorsi sul rendiconto 2012 c’è scritto che è costato circa
€ 1.500.000?
A fronte di questi numeri scandalosi, il Sindaco anziché promettere per l’anno prossimo fittizie riduzioni del 25% basate sui conti di cui sopra, avvalendosi dell’istituto dell’autotutela dovrebbe ritirare immediatamente la determina che ha raddoppiato il canone idrico, chiedendo un secondo dopo a chi di competenza il perché da un anno all’altro il costo della fornitura dell’acqua è aumentato di oltre € 500.000. Altro che populismo, a Giarre bisogna restaurare lo Stato di diritto.
Passiamo al capitolo Tarsu. Nel rendiconto 2012 c’è scritto che il Comune ha incassato dalla tassa sui rifiuti circa sei milioni di euro, spendendone quattro per il servizio, più due per la “nebulosa” voce “altre spese”, nella quale figurerebbero affitti di uffici, dipendenti, etc.. Ecco, anche qui tutto fa puzza di bruciato, perché in merito alla differenza tra costo della tassa e costo del servizio la legge è chiara: la Tarsu non è una imposta, ma è una tassa ed in quanto tale non può avere un’entrata superiore rispetto al costo del servizio. Invece, alla lettura attenta dei dati, salta fuori che una parte consistente della Tarsu ha avuto la funzione di “Bancomat” della politica a spese dei cittadini.
Infine, capitolo servizi conto terzi; la legge dispone che in questa voce di uscita e di entrata del bilancio comunale “occorre inserire tutte quelle entrate , con pari contropartita di uscita, che non hanno rilevanza ai fini economici-finanziari per l'ente”, ad esempio: il Comune sottrae dagli stipendi dei suoi dipendenti somme pari alle trattenute erariali. La materia in questione è rigidamente regolamentata dall’osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali del Ministero dell’Interno, il quale ha previsto solo sei casi in cui è prevista la possibilità di utilizzare questo strumento. Orbene, nel solo 2012 il Comune di Giarre ha inserito in questo capitolo voci di spesa irregolari per un valore complessivo di oltre € 500.000 (parcelle di avvocati, consulenze esterne a vario titolo, etc.), tutte spese, quindi, che non rientrano nelle voci previste dalla legge. Perché questo escamotage? Perché le spese conto terzi esulano dal conto complessivo del patto di stabilità imposto ai Comuni per contenere le spese, permettendo così una via di fuga semplice per una spesa corrente off-limits.
Alla luce di tutto ciò appare assolutamente incredibile che la nuova maggioranza -vecchia in gran parte delle facce- possa chiudere gli occhi e avallare queste scellerate politiche finanziarie. La mancata denuncia di questo insostenibile rendiconto, seguita anzi dalla silente approvazione, segna inesorabilmente la fine di qualsiasi dialogo tra chi amministra e chi persegue la strada della verità, della giustizia e della legalità. Da domani non potrà esserci altra richiesta nei confronti di questa nuova/vecchia maggioranza, se non quella di un sonoro “tutti a casa”, senza differenze né giustificazioni. 

(Alberto Cardillo - I Vespri)


  

Mafia. Macaluso: “Tutti i vertici della Dc convissero con la mafia.”

Qualche giorno fa a margine della presentazione del libro “Comunisti e Riformisti. La via italiana al Socialismo”, evento organizzato a Giarre dalla Fondazione Nuovo Mezzogiorno di Salvo Andò, abbiamo colto l’occasione per intervistare Emanuele Macaluso. Con lo storico leader comunista abbiamo affrontato il delicato e attualissimo tema dello sviluppo del fenomeno mafioso e delle sue connivenze con la politica. Il quasi novantenne Macaluso, come nel suo stile, non ha avuto peli sulla lingua.

On. Macaluso, negli ultimi anni molti esponenti della politica e della storiografia -specie da destra- sono arrivati alla conclusione che la moderna espansione della mafia ha avuto inizio durante la parte terminale del secondo conflitto mondiale, all’indomani dello sbarco alleato. In seguito restaurare le vecchie istituzioni, anche il nuovo Stato democratico si servì allora della mafia; infatti i primi sindaci antifascisti dell’Italia liberata furono, ad esempio, Genco Russo e Calogero Vizzini.

Quanto c’è di veritiero in questa analisi storico-politica?
Di vero c’è una cosa: quando sono sbarcati gli alleati in Sicilia nel luglio del 1943, i partiti tradizionali, erano deboli, anzi debolissimi, per via della lunga clandestinità. Quindi gli alleati arrivarono sapendo una cosa -la sapevano perché avevano studiato bene la storia della Sicilia- che le forze che avevano poteri con le masse erano tre: la chiesa, gli agrari e la mafia. Loro si poggiarono su questi tre pilastri. E’ vero che Vizzini fu nominato sindaco di Villalba, ma a Palermo fu nominato Lucio Tasca, presidente degli agrari della Sicilia, colui che aveva scritto un libretto dal titolo significativo: Elogio del latifondo. Tasca non era mafioso, ma era comunque connivente con il sistema. Quindi da questo punto di vista anche il movimento separatista ebbe caratteri diversi, per esempio, nel catanese vi fu un separatismo di sinistra, cattolico, popolare; nella Sicilia occidentale vi fu un separatismo mafioso in collaborazione con gli agrari. Poi bisogna puntualizzare che in Sicilia non c’era un Governo italiano, c’era l’AMGOT, il governo degli alleati, presieduto dal Col. Charles Poletti, vi era persino un’altra moneta, le AM Lire. La Sicilia visse una vicenda separata dal resto d’Italia. In questa vicenda non vi è dubbio che non solo Vizzini e Russo furono protagonisti del potere politico-mafioso, ma anche nel resto dei Comuni della provincia di Palermo, di Agrigento, etc, tutta la vecchia mafia -allora giovane-, esercitava un potere sociale prima che politico. E Quando cominciarono le prime occupazioni delle terre, a seguito della legge Vullo, dopo la svolta di Salerno di Togliatti, i mafiosi cominciarono anche ad ammazzare rappresentanti del popolo, dei sindacati.

Quali responsabilità storiche -se vi sono- ha la Democrazia Cristiana nel mancato contrasto alla mafia?
La responsabilità maggiore della Dc è dopo il ’48, perché prima del ’48 la mafia era ramificata nel partito liberale, nel partito monarchico e solo alcuni in pezzi Dc. Dopo il ’48, la mafia, che si orienta sempre verso chi ha il potere, capì che la Dc era il partito del potere e si spostò tutta su di essa. Quindi la Dc per fare un solido blocco sociale e politico in Sicilia, ha dovuto mettere dentro tutto il sistema mafioso, considerando la mafia parte della società che esisteva. Tant’è vero che Io ho pubblicato in un mio libro una dichiarazione di Giuseppe Alessi, primo Presidente della Regione Siciliana e grande esponente della Dc, il quale al Corriere della Sera dichiarò che la Dc si trovò a dover scegliere se combattere la mafia o i comunisti, e scelse di combattere i comunisti; ecco perché la mafia fece parte del sistema. La mafia, quindi, si mise al servizio degli apparati dello Stato. Il banditismo in Sicilia, faccio un esempio, non è stato distrutto dai Carabinieri ma dalla mafia. La mafia era un braccio dello Stato. E poi, sempre la mafia liquidò Giuliano, nel 1950 quando vi fu la farsa della sua uccisione, dissero che l’avevano ucciso i Carabinieri, invece l’avevano ucciso i mafiosi, consegnandolo poi da morto ai Carabinieri.

Qual è l’idea che lei ha maturato sull’omicidio di Salvo Lima? E poi, davvero Andreotti fu connivente con il sistema di Cosa Nostra, oppure questa è un’accusa di quelle che Andreotti derubricava così: “guerre puniche a parte mi hanno attribuito di tutto”?
Guardi, sugli anni che vennero dopo il ’48, anche Andreotti disse che la Dc conviveva con il sistema mafioso, perché la Dc riteneva che il potere da lei rappresentato era in grado di controllare la situazione. Quando invece la mafia cominciò a fare attività terroristiche, lì si interruppe il rapporto di collaborazione o connivenza. Salvo Lima fu ucciso durante la campagna elettorale del 1992, perché considerato uomo di collegamento con il sistema politico che non era stato più in grado di mantenere i patti presi con la cupola mafiosa. I mafiosi uccidendo Lima avvertirono Andreotti e tutta la Dc, facendo capire che da quel momento avrebbero potuto uccidere non solo magistrati e Carabinieri, ma anche uomini politici, e questa era una grave novità.
Comunque, rispondendo alla sua domanda, non è che Andreotti ebbe un rapporto con la mafia diverso di quello che ebbero altri capi notabili della Dc. Ciancimino, Lima e Gioia erano tutti fanfaniani, poi Ciancimino e Gioia litigarono con Lima e quest’ultimo si mise con Andreotti…


Quindi è da sfatare la visione di un Andreotti esponente politico romano della mafia?
Andreotti è stato più cinico, ma tutti i capi della Dc hanno avuto lo stesso rapporto con la mafia. Il rapporto, ripeto, finì solo con l’esplosione del terrorismo, poiché a quel punto, esplosa la guerra la Dc non poteva far altro che difendere lo Stato, infatti il primo decreto che rimise in carcere tutta la cupola mafiosa -che era stata messa fuori dalla Cassazione per fine termini di custodia-, fu proprio di Andreotti.

Vent’anni fa partiva l’operazione “Vespri siciliani” voluta dall’allora Ministro della Difesa Salvo Andò. All’epoca l’operazione raccolse molti consensi tra la gente comune ma anche qualche mugugno tra gli attori della politica che a loro dire temevano la militarizzazione del territorio nazionale. Lei non crede che se lo Stato avesse reagito prima con questa durezza, forse sarebbe stato possibile, non dico sradicare, ma quantomeno depotenziare notevolmente il fenomeno mafioso?
Penso di sì, non c’è dubbio che quell’azione ha avuto un forte significato politico. Vede, quelli che contano sono i segnali politici, l’opera di repressione è importante, certo, ma i segnali politici sono fondamentali, facendo capire che lo Stato non ci sta, che lo Stato non convive, che lo Stato si contrappone. La mafia ha fiuto politico, non ci sono solo i contadini di Corleone, ci sono uomini che hanno finissimo fiuto politico e conoscono bene le cose della politica.

Lei ci crede alla trattativa Stato-mafia?
Guardi, nel mio libro politicamente s/corretto ho trattato lungamente la questione della trattativa. Io così come è impostato il processo sono molto critico, perché si basa su delle accuse al Gen. Mori, il quale è stato già due volte assolto da due processi per non aver commesso il fatto. Il terzo processo a Mori si fonda su cosa? Sulle dichiarazioni taroccate del giovane Ciancimino? Questi non è altro che imbroglione degno di suo padre. Per il resto questo nuovo processo si basa su fatti che non riescono ad avere una consistenza, come si è dimostrato anche nei processi che ci sono stati per l’uccisione di Borsellino. Quindi a mio avviso questa vicenda della trattativa, così com’è impostata, non ha una base convincente.

C’è da temere per le minacce di Riina al Procuratore Di Matteo?
Sulle minacce di Riina bisogna essere prudenti, perché Lui è in carcere ha degli ergastoli e non credo abbia ormai una grande influenza sul sistema mafioso, però il pericolo che la mafia voglia vendicarsi sui magistrati che li hanno perseguiti c’è sempre. Credo, quindi, che lo Stato faccia bene a rafforzare e garantire la sicurezza ai magistrati.

(Alberto Cardillo - I Vespri, 21/12/13)

sabato 14 dicembre 2013

Barnard scalda la platea di Giarre: “Abbandonare l’Eurozona per salvare l’Italia”

“Vedete questo? -Barnard imbraccia un Crocifisso- Bene, non è il momento di chiederci chi ci ha messi qui, ma dobbiamo trovare al più presto il modo di staccarci”.
Inizia così la lunga e interessantissima conferenza fiume di Paolo Barnard, tenuta qualche giorno fa presso una gremita aula magna dell’”Enrico Fermi” di Giarre.
Paolo Barnard, insieme ad economisti del calibro di Warren Mosler e Mathew Forstater, è uno dei massimi esponenti della “Mosler Economics Modern Money Theory for Public Purpose”. La ME-MMT è una scuola di economia che eredita cento anni di sapere economico, partendo dall’esempio dei padri fondatori J.M. Keynes, Abba Lerner, Hyman Minky.
Negli ultimi anni, Barnard ha chiamato in Italia i massimi esponenti della ME-MMT, tenendo due convegni nazionali intitolati “Non eravamo i PIIGS, torneremo Italia”, da questi convegni ne è venuto fuori un programma di “salvezza economica nazionale”.
“L’Italia uscì distrutta dalla guerra -spiega Barnard-, eppure nel giro di trent’anni siamo diventati una grande potenza industriale, giungendo ad essere la quarta potenza mondiale. Poi a fine anni ’70 qualcosa ha cominciato a cambiare, portando lentamente il Paese alle condizioni attuali: sprofondato nella vergogna dei PIIGS, i ‘maiali’ d’Europa”.
Barnard punta il dito contro i trattati europei, in particolare quelli associati all’eurozona: “ci hanno tolto la sovranità costituzionale, parlamentare e monetaria. Ci hanno tolto tutto”.
Secondo la visione della ME-MMT, l’UE altro non è che un mostro messo in piedi dalle grandi lobbies della finanza, delle banche, della nobiltà decaduta, per arrestare l’avanzare della democrazia e quindi della sovranità popolare.
“Nel ’79 abbiamo eletto un parlamento europeo che non può fare leggi -spiega Barnard-, da allora dovevamo capire che l’Europa era una truffa! E poi, ad esempio quanti cittadini conoscono i componenti della Commissione Europea? Chi li elegge? Cosa fanno? Il problema è che negli anni in cui sono stati fatti questi trattati capestro noi eravamo troppo impegnati a guardarci l’ombelico”.
In questa spiegazione è importante mettere a fuoco una verità sconcertante spesso sottovalutata o scarsamente considerata dal popolo: la legge italiana dà la sovranità al popolo che elegge il Parlamento per darsi delle regole. Con la cessione di sovranità all’UE, le leggi fatte a Bruxelles da burocrati sconosciuti valgono più delle leggi italiane; un vulnus democratico enorme.
Secondo quanto spiegato da Barnard “i Governi usciti dalla seconda guerra mondiale, avevano individuato nella capacità dello Stato nel gestire la moneta, l’essere regolatore dell'economia dei cittadini, e questa era una soluzione atroce per i potentati economici, perché uno Stato sovrano, democratico e proprietario della moneta, non può essere fermato da nessun gruppo di potere. Nel frattempo però -continua Barnard- gli oligopoli di potere si sono messi in moto per cancellare questo modello, partendo nell'opera di cancellazione di questa storia. Hanno messo in piedi un piano di ‘contiguità’con il mondo accademico, poiché, da dove escono fuori i dirigenti? Dalle università, e infatti sono entrati lì dentro. Naturalmente sono entrati pacificamente con le fondazioni, formando i nuovi colletti bianchi, durante e dopo l'università (vedi Draghi, Monti, Padoa Schioppa) all’idea che questo modello andava distrutto”.
Effettivamente, anche se il racconto di Barnard può sembrare un po’ troppo “complottista”, il fatto che ben 254 lobbies delle banche lavorano presso l'UE, collaborando alla redazione dei trattati, è uno sconvolgente dato di fatto.
Insomma, secondo la ME-MMT, l’euro non è altro che un’invenzione elitaria volta a distruggere la sovranità degli Stati, imponendogli una moneta “straniera” da prendere in prestito dalle banche.
E anche su questo come dargli torto? Chi di noi ha votato sull’entrata dell’Italia nell’euro?
E allora, come venire fuori da quest’incubo?
Secondo il programma steso dalla ME-MMT per l’Italia, il nostro Paese dovrebbe uscire dall’Eurozona, cosa che a loro dire non solo non costerebbe miliardi ma addirittura rilancerebbe di miliardi la ricchezza nazionale, con la Piena Occupazione, la piena produzione aziendale, il rilancio delle infrastrutture, l’arrivo di investimenti esteri, e non ultimo, il recupero della sovranità monetaria e parlamentare. In poche parole, lo Stato si riporta nella condizione di mettere in circolazione tanta moneta quanto ne serve per risollevare la sottoeconomia schiacciata dall’austerity e dai trattati europei, chiudendo il rubinetto dell’emissione di denaro una volta rilanciata l’economia. L’interessante programma, corredato anche di molte risposte alle tante obiezioni che vi si pongono, è interamente scaricabile su http://memmt.info/site/programma/.
L'evento è stato curato da Salvatore Lorenzo Patanè e Massimo Randazzo, con il prezioso supporto della coordinatrice del gruppo ME-MMT siciliano Rosanna Maniscalco. “L’incontro -dichiarano gli organizzatori- ha riscosso un successo andato ben oltre le nostre aspettative. I meriti maggiori vanno comunque attribuiti a Paolo Barnard, che per circa tre ore ha argomentato le teorie economiche ME-MMT, denunciato ‘l'economicidio’ in atto nei Paesi dell'Eurozona, e risposto alle numerose domande del pubblico. Presto nuove iniziative e nuove attività divulgative”.

(Alberto Cardillo - I Vespri)




lunedì 2 dicembre 2013

Giarre. Quando il falso conservatore si improvvisa finto progressista

Questa volta a farne le spese di una così poco accorta politica sociale, sono stati gli alunni di una scuola elementare giarrese. Lunedì scorso, i bambini, i genitori e, a quanto pare anche le maestre, credevano di partecipare ad una premiazione presso il teatro Rex, per i loro lavori nell’ambito del concorso intitolato a “Maria Rita Russo”, vittima di violenza coniugale, mentre, loro malgrado, si sono ritrovati alla messinscena dello stupro di Franca Rame. Si, nessun dubbio, parliamo proprio del monologo teatrale che per circa 15 minuti , ripercorrendo la drammatica esperienza dall’attrice, con un testo sempre più incalzante e carico di terrore, fa riferimento ad un atto sessuale violento. Molti genitori hanno deciso di abbandonare in fretta il teatro, permettendo la prosecuzione dello spettacolo, ma il loro gesto di civiltà democratica, è stato tacciato dagli organizzatori come esempio di bigottismo. In effetti, l’Amministrazione giarrese nella figura del Sindaco e di tutta la sua Giunta, anch’essa in prima fila, ha dimostrato di sconoscere le ben più elementari nozioni di pedagogia dello sviluppo. E dire che in questo caso non ci voleva una Montessori o una delle sorelle Agazzi per capire che il tema era assolutamente inadatto a quel pubblico. Hanno ignorato quanto siano forti le spinte imitative in un bambino che tende ad emulare gesti, comportamenti e parole, senza rendersene conto. Uno spettacolo simile andava organizzato con più accortezza e sensibilità, nel rispetto delle leggi vigenti escludendo dalla rappresentazione i minori. Ma pazienza, ancora una volta il nostro Sindaco sul ritornello: “Io ho fatto, io ho fatto …” e sull’ ostentazione autocelebrativa di un operato politico anodino, ha dimostrato non solo la sua ignoranza, ma anche insensibilità e scarso rispetto verso le posizioni diverse di chi desidera educare i figli, ancor in tenera età, con esempi diversi rispetto a quelli propugnati dalla nostra Amministrazione.

G.G.