martedì 30 dicembre 2014

A Sant'Alfio il millenario castagno più grande del mondo


L'articolo di Alberto Cardillo dedicato al leggendario Castagno dei Cento Cavalli.

sabato 11 ottobre 2014

Salvo Andò: “Crocetta non è in grado di governare, tira a campare. La Sicilia non può permettersi questo lusso”

Il Governo regionale è sotto assedio. Non passa giorno che non veda crisi politiche, sceneggiate di ogni tipo, denunce del Governatore su (presunti) continui complotti contro la sua “rivoluzione”, e poi proteste e manifestazioni di un popolo ormai allo stremo.
Per capire meglio il difficile momento della politica isolana, questa settimana abbiamo deciso di sentire l’autorevole parere di Salvo Andò, già Ministro della Difesa, maggiorente del Psi e Rettore dell’Università Kore di Enna.
Tra le altre cose, Andò qualche settimana fa è stato eletto presidente nazionale di Lab Dem, succedendo a Gianni Pittella, quest’ultimo nominato quale Capogruppo del Pse al Parlamento europeo. Lab Dem, libero pensatoio di matrice socialista in seno al Pd, ha riunito nei giorni scorsi il comitato regionale e attraverso un lungo dibattito ha fatto un’impietosa analisi della situazione politica regionale.

On. Andò, due anni dopo le elezioni che hanno portato Crocetta al Governo della Regione, come sta la Sicilia?
La Sicilia sta male. Dalla politica non arriva alcun segnale di possibili inversioni di tendenza tali da consentire un reale cambiamento.
Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti.


Ma quando si critica l’azione del Governo, qualcuno fa notare che la crisi non è solo siciliana…
La crisi c’è ovunque. E’ vero. La gente soffre al nord come al sud. Ma qui si ha l’impressione che nessuno sia in grado di trovare il bandolo della matassa. Si vive in una condizione di crisi politica permanente. I partiti paiono sfasciati, divisi su tutto. Capita che uno stesso partito sia contemporaneamente all’opposizione e al Governo. In questa situazione a poco valgono i viaggi a Roma per trovare una quadra,che riesca a compattare questa maggioranza. La soluzione va trovata a Palermo.Siamo di fronte ad una crisi ormai cronica sia della funzione di governo, che della funzione di rappresentanza;una crisi che sta portando al disfacimento delle istituzioni.

Crocetta risolverà i problemi interni alla maggioranza oppure già dalla prossima mozione di sfiducia rischia grosso?
La maggioranza o c’è o non c’è. Non può essere a geometria variabile.Se c’è lo deve dimostrare attraverso dei progetti sui quali scommette la propria esistenza. Deve indicare le priorità sulle quali essa si aggrega, e deve conquistare un consenso visibile all’interno dell’Ars. In questo campo non servono gli esploratori, i sensali, servono dirigenti politici leali che assumano precisi impegni, e che nel caso di “impraticabilità del campo” dicano a chiare lettere che non ci sono più le condizioni per andare avanti.

Ma la mozione di sfiducia annunciata dall’on. Musumeci ha speranze di passare o no?
Non so cosa possa produrre in concreto la mozione di sfiducia,visto che il suo accoglimento porterebbe allo scioglimento dell’Ars. La maggioranza dei parlamentari probabilmente voterà per la sopravvivenza dell’Assemblea pur essendo molto critica nei confronti del Governo. Il Governo sarà quindi costretto a vivacchiare dal momento che non riceverà una sfiducia,ma non avrà neppure la fiducia. Insomma chi dissente si darà da fare per bocciare tutte le iniziative del Governo.

Intanto la Sicilia pare essere davvero alla deriva. Mai un Governo è stato più impopolare…
La verità è che i costi umani della crisi continuano a crescere. Le imprese chiudono, le famiglie sono sempre più povere, i ragazzi scappano dalla Sicilia perché qui non c’è futuro. Oggi chi governa di fronte ai problemi posti dalla crisi inevitabilmente è impopolare e quindi registra insuccessi elettorali. Ma in Sicilia siamo di fronte ad una crisi politica che sta corrodendo profondamente il tessuto istituzionale.

Quindi cosa dobbiamo ancora aspettarci da questo Governo sempre più sotto assedio?
Pare che oggi la parola d’ordine che gira nei palazzi delle politica sia: “sopravvivere”, cioè non governare ma tirare a campare. Nella situazione attuale questo è un lusso che non possiamo più permetterci . Intendiamoci, questa situazione non nasce con Crocetta,il quale ha ricevuto una pesante eredità. Però c’è una oggettiva continuità con il precedente sistema politico che andava invece interrotta. Non basta fare volare gli stracci. Mi pare che gli interessi che aggregano le maggioranze siano sempre gli stessi. E questo non è un problema di forma, è un problema di sostanza.Come ne usciamo allora da questa situazione di impasse dove di riflesso è precipitata l’intera Sicilia?
Se la situazione di crisi è irreversibile, come molti fatti stanno a indicare, Crocetta potrebbe rivolgersi al corpo elettorale, spiegare dal suo punto di vista come stano le cose, chiedere un nuovo mandato chiarificatore, tale da porre fine a questa situazione di impasse. La funzione di una coalizione non può essere quella di arbitrare la distribuzione delle spoglie che tra l’altro sono poche, e spesso danno origine a risse a dir poco patetiche. Non si può governare la Sicilia in presenza di una situazione di rissa continua. Ormai il caso Sicilia è diventato un caso nazionale eclatante. Si è toccato il fondo con le elezioni suppletive di Siracusa che sono diventate un’altro test per capire chi tra Crocetta e i suoi avversari avrebbe avuto la meglio.

Appare chiaro che siamo nel bel mezzo di una situazione di caos senza precedenti. Chi e cosa possono oggi salvare la Sicilia?
Di fronte ad una crisi politica così evidente, visto che qui non c’è un arbitro super partes, che, come avviene a livello nazionale con il Presidente della Repubblica, garantisce il buon funzionamento delle istituzioni e ne sanziona il cattivo funzionamento, sarebbe necessario che l’Ars ,attraverso un dibattito chiarificatore, verificasse se esistono le condizioni per affrontare alcune priorità sulla base di un preciso cronoprogramma. Deve essere la stessa Assemblea a spiegare all’opinione pubblica siciliana le ragioni per cui essa deve sopravvivere. Se però si constata l’impossibilità di andare avanti è bene decidere consensualmente “il rompete le righe”.
Anche a livello nazionale vi sono dei problemi, ma almeno il premier Renzi si dà da fare per mettere in moto la macchina, non si perde in mediazioni estenuanti. Sa che ,una volta bloccato dal Parlamento,la soluzione inevitabile sarà quella di andare ad elezioni anticipate.


Secondo Lei, in questa situazione, cosa bisognerebbe fare per salvare la Sicilia?
Anzitutto evitare prediche virtuose a cui non seguono decisioni, spesso difficili, che vanno prese. E bisogna soprattutto evitare che altre imprese chiudano,essere più coraggiosi nel tagliare la spesa improduttiva anche a costo di inimicarsi alcuni settori politici ed economici,fare tutto ciò che è possibile per dare alla macchina amministrativa più velocità decisionale e più trasparenza.
Se davvero si vuole uno sviluppo autopropulsivo bisogna poi puntare sulle risorse umane, qualificarle,aiutando concretamente le istituzioni che si occupano di formazione e ricerca ad un certo livello,promuovendo una politica dell’internazionalizzazione,per esempio cofinanziando i programmi Erasmus, spendendo di più per il diritto allo studio.
Diverse regioni si stanno muovendo in questa direzione, nonostante le difficoltà del momento. Basti pensare a ciò che fanno in questo campo regioni come Sardegna e Puglia. Se dalla Sicilia i ragazzi scappano, per andare a studiare fuori, non solo per cercare un lavoro, avremo una popolazione di anziani e un’economia sempre più assistita. Qual è la visione di futuro per la Sicilia che il Governo ha? Qual è la sua politica energetica? Attraverso quali strumenti intende incrementare la qualità delle nostre produzioni perché risultino competitive?Ha un progetto per consentire alla Sicilia di essere in qualche modo attore dei processi di sviluppo che interessano i paesi della sponda sud del mediterraneo?
Ecco, una franca discussione su queste questioni potrebbe fare emergere dei segnali interessanti di ripresa della vita politica. Il primato della politica che tanti auspicano è fatto anche di confronti su queste grandi scelte. E ,invece. vedo che le discussioni più impegnative sono quelle che riguardano la nomina di un vice-vice capo di gabinetto,o di un commissario da inviare in questo o quell’ente,o di un esperto.


In questo quadro al quanto desolante, l’opinione pubblica è sempre più sfiduciata e lontana dalla politica…
Ciò accade per ragioni assolutamente comprensibili. Bisogna però reagire a questo declino,a questo senso di rassegnazione. La paralisi dell’attività di governo è la causa,o la concausa di tanti fatti di mala amministrazione. In questo contesto, stenta ad affermarsi una cultura dei diritti; sono sempre più numerosi i diritti negati, anche quelli che costituiscono il nucleo indisponibile dei diritti di cittadinanza, come il diritto alla salute, il diritto al lavoro. Siamo la regione con meno asili nido; ciò significa che possono lavorare solo quelle donne che hanno aiuto in famiglia o risorse economiche importanti alle spalle.

Eppure dalle parti del Governo si continua a parlare di riforme da fare lottando contro presunti “sabotatori” che Crocetta vede quasi ovunque…
Le riforme devono avere un senso unitario, una precisa idea dello sviluppo. Non possono essere un abito di Arlecchino. Per fare ciò occorre una maggioranza coesa, che condivida delle idee; insomma, una maggioranza che non sia legata solo da un vincolo spartitorio. La verità è che i partiti sono deboli in Sicilia, incapaci di affrontare una situazione come quella attuale. Non c’è dubbio che c’è una questione democratica da affrontare, a causa del declino dei partiti,dovuto alla loro scomposizione interna, alla loro privatizzazione. Sfasciare i partiti non è stata certo una buona idea per garantire stabilità al governo, anzi.
Intanto, dopo una breve luna di miele, la Sicilia torna a fare notizia negativa presso l’opinione pubblica nazionale, non solo regionale. Definitivamente finito il “fattore Crocetta”?
E’ verissimo. La Sicilia dopo le ultime elezioni regionali aveva avuto importanti aperture di credito –anche grazie alla storia personale di Crocetta- a livello di opinione pubblica nazionale. Il che costituiva una condizione assolutamente positiva per avviare un nuovo corso. Oggi pare che quel capitale di fiducia sia andato disperso. Siamo tornati a fare notizia per le criticità che caratterizzano il sistema politico regionale. Non si vede chi, come, quando, dovrebbe realizzare le grandi riforme di cui la Regione ha bisogno... Mi auguro che i grandi partiti a livello nazionale possano dare impulsi positivi affinché la Sicilia esca dal guado. A cominciare dal Partito Democratico che anche in Sicilia ha avuto un grande successo alle europee. Il rischio è che il caos che si è prodotto nella vita politica siciliana danneggi anche l’immagine di questo partito a livello nazionale,considerato che i cambiamenti annunciati da Renzi riguardano l’intero paese.
Per esempio la riforma delle Province?
Esatto. In tutta Italia si è proceduto nei giorni scorsi all’elezione degli organi di governo del nuovo ente intermedio. In Sicilia non si capisce neanche come esso sarà organizzato. Di fronte a tanto immobilismo ripensare alla specialità,riorganizzare i rapporti tra i diversi livelli di governo diventa una pia illusione. Eppure, siamo di fronte a riforme istituzionali che a livello istituzionale, sia pure tra mille difficoltà, si stanno facendo. Questo processo riformatore dovrebbe avere un riscontro anche a livello regionale,tenuto conto che siamo l’unica regione speciale del mezzogiorno,e che dovremmo costituire un punto di riferimento per quanti ritengono necessario porre al centro del dibattito politico la questione meridionale. Auspicabilmente in termini nuovi. Una macroregione meridionale potrebbe dare impulso all’intero sistema paese, e fare contare di più l’Italia nello scenario mediterraneo.

Alberto Cardillo, I Vespri, 11/10/14

Giarre. PRG, focus sulla perequazione

Diceva di avere il background progressista Roberto Bonaccorsi  e non perde occasione di giustificare i suoi atti amministrativi richiamando si all’autorità dei pareri dei soggetti più disparati.  Deve essergli sfuggito però quello che si  dice della perequazione (istituto del diritto dell’urbanistica non disciplinato nella Regione Siciliana e introdotto nel PRG Giarrese da un emendamento della maggioranza che “recepisce” l’atto di indirizzo della giunta) in un libretto edito in collaborazione tra la fondazione superprogressista di Massimo Dalema ItalianiEuropei e Cittalia Fondazione Anci Ricerche. Ecco cosa scrive Stefano Stanghellini (insegna Estimo all’Universita IUAV di Venezia): “La perequazione, la compensazione e l’incentivazione urbanistica in ambito nazionale hanno ricevuto finora solo episodici e parziali riconoscimenti dal legislatore nazionale. E purtroppo talvolta questi frammentari riconoscimenti sono stati generatori di ulteriori incertezze giuridiche, come nel caso dei suoli per l’edilizia residenziale sociale come standard urbanistico aggiuntivo. Talaltra hanno dato luogo a interpretazioni scorrette,lesive della ragione stessa della pianificazione. Si fa riferimento alla trascrizione nei registri immobiliari dei “diritti edificatori”generati dalla perequazione urbanistica, dalle compensazioni o dalle incentivazioni previste negli strumenti urbanistici (ar56 ticolo 5 comma 3 del decreto legge 70/2011 convertito con lalegge 106/2011). L’obbligo della trascrizione non basta. Il legislatore nazionale deve aggiungere che i “diritti edificatori” variamente generati dagli strumenti urbanistici dei Comuni possono trasferirsi solo fra proprietà immobiliari catastalmente individuate. Occorre ribadire che la loro generazione e il loro utilizzo hanno finalità progettuali e sono disciplinate dal piano urbanistico: quindi, questi “diritti edificatori” o “crediti edilizi” non se ne stanno “in volo”, non fanno “finanza creativa”, non sono “carta-moneta” prodotta dai Comuni attraverso la pianificazione urbanistica, di cui un qualsiasi operatore economico può appropriarsi mentre sono “in volo” per poi negoziarne con il Comune l’“atterraggio” e quindi il valore.” Quanto scrive il professore è sufficientemente chiaro è quindi dovrebbe essere bene accolto dall’amministrazione “trasparente”, in più ha il pregio di essere scritto su una fonte accreditata di grande progressismo che fare sindaco del suo “background progressista”? Faremo anche di questo assieme alla perequazione “carta-moneta”? I contorni, le regole, la previsione progettuale, l’idea di citta cui la perequazione dovrebbe solo essere strumentale non ci sono, che fare? L’idea poi che dei diritti edificatori se ne stiano “in volo” in attesa dell’”atterraggio” che genera “valore” rende in tutto e per tutto l’immagine di una urbanistica esposta alla mercè di avvoltoi della speculazione, in una città in cui le incompiute sono patrimonio genetico il rischio è che Giarre sarà esempio della peggiore urbanistica e a quel punto non Basterà né il Mercato del Contadino né Girare Pagina.

di Spectator

sabato 4 ottobre 2014

Giarre. Il sindaco Bonaccorsi indagato per falso ideologico

Il 21 giugno 2013 Nello Musumeci in piazza Arcoleo affermava: “Roberto a Catania ha evitato il dissesto”. Senza tema di smentite così risulta dalla pagina facebook ufficiale di Roberto Bonaccorsi. Già prima di quel 21 Giugno e ancora dopo Roberto Bonaccorsi non ha mai smesso di richiamarsi alla correttezza, alla professionalità della sua esperienza catanese quale assessore al Bilancio, la mostrava come si fa con la più luccicante delle medaglie. Poi la tempesta. Improvvisi piovono gli avvisi di garanzia e uno raggiunge pure il ripostese –ora giarrese- Roberto Bonaccorsi, assieme a lui ce n’è per l’ex sindaco Stancanelli, l’ex assessore Riva e numerosi dirigenti del comune del capoluogo etneo. L’accusa aver concorso a dissimulare la reale situazione economico finanziaria del Comune di Catania alterando talune poste dei bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011, allo scopo di evitare la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’Ente locale e lo scioglimento del Consiglio Comunale.
A seguito di esame degli inquirenti che si sono avvalsi della consulenza scientifica di un professore ordinario di “Economia ed Amministrazione delle Aziende Pubbliche” dell’università di Palermo, sono state riscontrate significative anomalie scura l’ombra dell’ignominia: da mago dei conti a illusionista da fiera, uno di quelli con la cassettina di legno e le tre carte. Ed è in questa magica o sarebbe meglio dire illusionistica cornice che ai microfono di Prima Rete l’emittente locale giarrese, il sindaco Bonaccorsi passa dal trionfalistico “Ho salvato Catania” ad un più mesto “Faccio parte di un percorso intermedio” riferendosi al ruolo nel rendiconto del comune di Catania. Ora non sfuggirà neppure al più distratto dei lettori: o ha salvato Catania o faceva parte di un percorso intermedio. Sia come sia, è stato intaccata la gloria delle gesta bonaccorsiane all’ombra du liotru. E’ lecito adesso che data la rilevanza delle accuse mosse e al fine di scongiurare interventi successivi nel tempo che risultino infine tardivi, chiedere che vengano accuratamente esaminati i bilanci del Comune di Giarre così come emergono dal rimodulato Piano Pluriennale di Risanamento, piano che risulta essere stato raddoppiato nella sua lunghezza totale dal Bonaccorsi, con una operazione di ripartizione delle somme da accantonare negli anni al fine di soddisfare i creditori dell’ente negli ultimi 5 anni, così da sgravare in certo senso questi anni di amministrazione Bonaccorsi. Notevoli rilievi sono stati mossi sia per quanto riguarda le somme riscosse dal comune quali tariffa idrica (la cui determinazione sindacale di aumento dei costi è oggetto di inchiesta) e tassa sui rifiuti, specie in ragione del fatto che in periodi in cui la differenziata non è stata eseguita è stato comunque addebitato il costo ai contribuenti oltre ad una non meglio identificata voce “altri costi” che gonfierebbe non si sa a che titolo il costo complessivo del servizio. Ancora dubbi rilevanti sono quelli in merito alla efficacia delle azioni di spendig review effettuate: sono stati realmente abbattuti i costi per gli affitti di immobili? Sono stati davvero disdettati gli operosi contratti di fornitura di servizi telefonici e elettrici? È davvero un risparmio il pool legale o piuttosto una spesa inutile e un abuso per i modi in cui è stato attribuito l’incarico per il servizio? E ancora, si può sapere quanto è l’ammontare certo dei passivi del comune? Non si stupisca il lettore di tutte queste domande, c’è da fare chiarezza, in fondo quello per cui è accusato Bonaccorsi a Catania –ilfalso ideologico- è il modo dei giuristi per definire una balla colossale.nella formazione e nell’approvazione dei documenti contabili in argomento, con specifico riferimento a: -appostamento in bilancio di ingenti quote di “residui attivi” risalenti nel tempo e di dubbia esigibilità, per un importo complessivi di oltre 270 milioni di euro; - “debiti fuori bilancio” per oltre 78 milioni di euro, la cui certezza in ordine alla manifestazione finanziaria avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione comunale all’individuazione delle necessarie coperture; - disallineamenti contabili emergenti tra i valori iscritti in bilancio dall’ente locale controllante (Comune di Catania) rispetto a quelli rilevati nei bilanci delle società partecipate per circa 34 milioni di euro; - classificazione di somme, pari a circa 20 milioni di euro, nell’ambito di voci di bilancio dalle quali non emergeva la loro natura di passività. Ed è così che sulla epopea catanese di Bonaccorsi, mito fondativo del tecnico trasversale, buono per ogni padrone, cala il sipario.

Spectator, I Vespri, 04/10/14

mercoledì 17 settembre 2014

Giarre. Come saccheggiare la città, il bluff del cemento zero

Lo storico saccheggio di Porta Castro
Giarre è stato approvato lo Schema di Massima del Piano Regolatore Generale. Si sarebbe potuto scegliere la strada del rinnovo dei vincoli scaduti, rinviando a un più esteso dibattito nella città le scelte sulla pianificazione urbanistica, attendendo anche il pronunciamento della Corte dei Conti sul Piano di Risanamento Pluriennale, che sta incontrando non pochi ostacoli, ma che inciderà profondamente nella vita amministrativa della città jonica. Già in passato il Consiglio Comunale giarrese ha rimandato al mittente questo Piano (per 13 volte è mancato il numero legale nella passata consiliatura) che porta la firma dell’ex assessore Nicola Gangemi e dell’Arch. Venerando Russo, già rimasto invischiato nelle vicende mascalesi. Ad alcuni consiglieri coscienziosi della maggioranza e a quelli di opposizione devono essere sembrati troppi gli interessi che ruotavano attorno al Piano e poco coincidenti con quelli della città. Il piano oltre a prevedere un aumento significativo delle cubature edificabili, è stato pure oggetto di un Emendamento della Maggioranza (che recepisce le indicazioni del c.d. “Emendamento dell’Amministrazione”, acrobazie del regolamentari e torsioni giuridiche e qui entra in scena il Sindaco con le sue acrobazie verbali, il saldo volumetrico zero infatti non avrà efficacia con il nuovo PRG in discussione giacché si prevedono nuove aree edificabili. E’ l’ennesimo grande bluff della comunicazione del già vicesindaco stancanelliano di Catania. Uno specchietto delle allodole che può pure far esultare i cittadini lettori dei proclami del sindaco sull’attenzione al consumo di suolo. Una attenzione questa in vero poco sincera, anzi niente più di una boutade comunicativa. Il cemento zero annunciato dal Sindaco in ragione del fatto che Giarre non presentava significativa crescita del numero di abitanti e presentava innumerevoli edifici sfitti e invenduti, necessitava di una riqualificazione del centro storico, è ridotto a buona intenzione per il futuro, ma si sa che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno… della speculazione edilizia e di una pianificazione miope e non sostenibile. Deve essere su questa via che il dirigente deputato a pronunciare un parere ha prima glissato e poi ha dato nei giorni scorsi “parere favorevole”. Dove si sarà trovato l’accordo tra il cemento zero truffa e gli appetiti speculatori? Forse nell’istituto della perequazione urbanistica, introdotto dall’Emendamento dell’Amministrazione, pardon del gruppo consiliare Iniziativa Popolare (scuderia Gangemi). Cosa succede con la perequazione? “l’istituto perequativo usa il termine quote o diritti edificatori per indicare la facoltà, liberamente negoziabile, di edificare per effetto di previsioni urbanistiche perequative. E’ fortemente controversa la natura giuridica di tali fattispecie, tanto che le diverse teorie formulate al riguardo più o meno ripropongono l’intera tipologia delle situazioni soggettive, dal diritto reale al diritto di credito, dall’interesse legittimo all’aspettativa. Invero, le varianti del modello perequativo che prevedono la previa individuazione dell’area cedente e di quella di atterraggio nell’ambito del piano urbanistico consentono a taluni di intravedere un certo carattere di realità del diritto, che però, nel caso di mancata compresenza delle due aree, appare fortemente attenuata, dovendosi peraltro stabilire l’efficacia obbligatoria dei negozi interprivati traslativi di questi diritti (traslazione senza area) nei confronti dell’amministrazione comunale” (G.Sabbato, Consigliere TAR). Si introduce dunque un sistema essenzialmente speculatorio che puo prevedere il trasferimento dei Diritti Edificatori ed una notevole discrezionalità poichè l’intero processo perequativo sarà affare di quello stesso ufficio il cui Dirigente sta in giudizio per i fatti di Mascali e fatta salva la presunzione di innocenza, il buon senso e ragioni di opportunità inviterebbero a non lasciare eccessiva discrezionalità. Ecco come la trasparenza dell’era Bonaccorsi, il “tecnico” che tornava da Catania dopo la disfatta di Stancanelli, consegna le chiavi della città a grigi burocrati. La perequazione in salsa giarrese sarà la mossa del cavallo per il sacco di Giarre e si vedrà o si è già visto in quali aree non edificate stanno insistendo contrattazioni e compravendite. La maniera in cui si è giunti all’approvazione dello schema di massima e gli elementi dello stesso pongono sono avvolti da una nebbia che le risposte ad alcune domande potrebbero diradare, chiarendo così il quadro. Come mai le precedenti due diffide dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente ad adottare lo schema di massima del PRG non sono state notificate al consiglio comunale, fino all’arrivo della terza, e dunque i consiglieri comunali sono stati costretti a votare lo schema di massima pena l’insediamento del commissario ad acta? Di chi sono le responsabilità per questa mancata comunicazione? C’è solo colpa o anche dolo, ci troviamo cioè dinnanzi ad una operazione preordinata a coartare la volontà del consiglio comunale? Come mai dopo che nel passato per ben 13 volte era mancato il numero legale per il voto il 28 agosto si è trovato l’”accordo”, quale assetto di interessi si cela dietro questa approvazione? Possono esser resi noti i terreni di proprietà di consiglieri e della giunta o di loro parenti e affini entro il 4 grado e se del caso tenendo conto pure dei terreni di proprietà di società in cui gli stessi risultino soci? Come mai su un atto così rilevante che investe il futuro della città il sindaco e la sua maggioranza non hanno inteso coinvolgere la città, le associazioni, le forze produttive? Come mai il sindaco su una atto così politicamente rilevante ha accettato che la sua maggioranza adottasse un provvedimento redatto dagli uffici seguendo gli indirizzi della maggioranza del precedente sindaco e il cui relatore era assessore al bilancio (lo stesso assessore che aveva redatto assieme agli uffici il piano di risanamento pluriennale che Roberto Bonaccorsi ha stravolto) e all’urbanistica nella giunta Sodano? Forse che per l’urbanistica il sindaco ha trovato positiva la continuità? Come mai non si è proceduto a rinnovare i soli vincoli permettendo che sul PRG si aprisse una nuova discussione che coinvolgesse la città? Se è vero che il nuovo PRG è a saldo volumetrico zero, è altrettanto vero che il nuovo PRG non contempla volumi aggiuntivi rispetto a quello ancora in vigore? Si o no? E se invece sono previsti volumi aggiuntivi è possibile sapere da quale data entrerà in vigore il saldo zero e se realmente entrerà mai in vigore? E se sono stati previsti volumi aggiuntivi per quale tipo di edilizia sono destinati? Se si tratta di edilizia abitativa esiste forse uno studio in cui si stima che la popolazione giarrese crescerà tanto da saturare case sfitte e invendute così da chiederne di nuove? Molte domande certo, ma per un’amministrazione “trasparente” rispondere dovrebbe essere un piacere, ma forse le trasparenze sono per la comunicazione brillante che serve solo a non lasciare che lo sguardo cada sulle opacità. Quelle vanno sempre a finire sotto il tappeto.

Spectator, I Vespri, 13/09/14

mercoledì 3 settembre 2014

Tony Morgan, grande a successo Favignana in attesa di "Oltre il tunnel"

Da sx: Leonardo Sorbello, Claudio Tropea, Tony Morgan
Grandissimo successo nella piazzetta di Favignana per il concerto di Josè Tammaro con il gruppo Macuccusonu, alla presenza di un pubblico straordinario di circa 2000 persone, con vari personaggi pubblici, del mondo dello spettacolo, cinema, tv, moda etc.
Proiezione nel corso della serata del film "8 euro" pluripremiato - regia di Tony Morgan e Daniele di Mauro, accolto alla fine da un lungo applauso, dopo il quale è avvenuta l'esibizione di cabaret dello stesso attore, con satira di costume ed attualità, durante la quale Tony Morgan si e' esibito in un classico dei Pianti Siciliani accompagnato alla chitarra da Josè Tammaro.
Da una breve intervista a fine serata domanda posta a Josè - Un grandissimo successo questa sera, cosa ne pensi?- Josè :"Un pubblico straordinario, una grande emozione esibirmi in una piazza così gremita, ancora grazie per l'affetto dimostratomi sono veramente commosso". Un'altra posta a Tony Morgan – Allora Tony dopo il successo di questa sera per il Film “8 euro” e la performance di cabaret che ha divertito il pubblico, ti chiedo ma gli impegni di Tony Morgan sono finiti o continuano? – risposta di Tony:” Ma quale finiti, ho varie serate di cabaret in giro per la Sicilia, tra cui sarò ospite in varie manifestazioni di Miss, Miss Italia, Miss Moda, Miss Spettacolo, ect. Inoltre a Settembre andrò in Veneto, al FONTANIVAGEOFILMFESTIVAL per l'aggiudicazione del Premio Menzione Speciale LA BRENTA D'ORO, ancora faro’ parte nelle vesti di attore nel prossimo Film di Filì Parlotta e Salvo Campisano - “90 B.P.M”, e dopo e poi ci saranno le varie location per girare il mio Film “Oltre il Tunnel – il coraggio di non Farlo”.
In questo momento l'attore Morgan e' impegnato sul set di " OLTRE il TUNNEL – il coraggio di non farlo" un film nato da un idea di TONY MORGAN e LEONARDO SORBELLO, tra i personaggi che prenderanno parte al nuovo film Josè Tammaro sarà uno dei protagonisti nel cast farà parte anche il piccolo Claudio Tropea protagonista dell'ultima edizione "Io Canto" di Canale5.
Domanda a Leonardo Sorbello:” Oltre il Tunnel, da dove nasce quest'idea di questo film insieme a Tony?”.- Leonardo:" Bè visto il momento critico, e tutto ciò che le cronache riportano ogni giorno, mi e' sembrato doveroso risaltare l'argomento, ma non solo per sensibilizzare l'opinione pubblica, bensì per dare un messaggio di speranza". Domanda a Tony:” Trailer girato a Torino età avendo un grande successo, ci puoi anticipare quali saranno le prossime location?- Tony:" Dopo Torino, le location saranno di certo in Sicilia e visto la bellezza di Favignana spero di girare alcune scene anche qui".

B.B.


martedì 5 agosto 2014

Politica&Società. Quando c'era Almirante...

Giorgio Almirante a Roma in una gremita Piazza del Popolo
“Scelsero me perché ero il più scalcagnato di tutti”, rispose così, un ormai anziano Giorgio Almirante, a Gianni Minoli che gli chiedeva perché nel 1947 chiamarono proprio lui alla guida del Movimento Sociale Italiano. Almirante aveva ragione, apparteneva alla generazione degli “scalcagnati”, perché dopo la repentina e traumatica fine del fascismo fu animatore di quella sparuta schiera di attivisti-intellettuali che al “si salvi chi può” del 25 luglio scelsero la strada più difficile e più rischiosa. Seguirono infatti il loro Duce malconcio nella sua ultima avventura, inseguendo con lui il sogno di riagganciarsi a quel socialismo che Mussolini aveva dovuto “temperare” con i compromessi tipici di chi si trova a governare l’Italia.
La storia è nota, il sogno della repubblica fascista finì molto presto nella guerra civile e nelle barbarie di cui piazzale Loreto fu solo lo squallido culmine.
Di Giorgio Almirante, leader della opposizione di destra, sono noti il coraggio di tribuno sulle piazze, la capacità oratoria, così come l’onestà politica e personale. E’ questo quello che prima d’ogni cosa gli va riconosciuto, pur nel dissenso delle opinioni che ancora oggi permangono.
Una vita vissuta tra i fischi e gli applausi. “La prima volta lo incontrai nel suo ufficio al Secolo d’Italia -ricorda Arrigo Petacco- allora la redazione era in via Tomacelli, al primo piano di un palazzo dalla irriconoscibile facciata littoria. Lui pigiava sui tasti della Lettera 22. Scriveva, manco a dirlo, un tagliente articolo di fondo. Sulla scrivania, accanto a una lampada liberty, di sapore vagamente dannunziano era posato un pacchetto confezionato con carta di rosticceria, bianca e unta. Era la sua cena. Una mozzarella, tre supplì, una mela.
Finse sorpresa, vedendomi entrare. Alzò gli occhi dal foglio già riempito a metà. Levò gli occhiali e, sorridendo cordiale, mi invitò a sedere. Mi colpì lo sguardo, quegli occhi verdi, metallici. Erano miti, tristi, freddi. Li ravvivavano di tanto in tanto guizzi di volpina ironia. Mi parlò dei programmi immediati. Mentre spiegava questi suoi problemi, fui attratto da una foto alle sue spalle. Era la foto del primo comizio di Almirante, davanti la sede de Il Tempo, nella rovente piazza Colonna dell’immediato dopoguerra.
Piazza Colonna non è cambiata da allora -conlcude un laconico Petacco- è mutato il clima politico. Adesso è appiccicoso, tropicale. Lo surriscalda solo lo scirocco africano, non certo l’epica politica”.
Almirante è stato un politico sui generis, è stato la personificazione della genuina passione politica. E' stato il primo vero interprete della "politica-spettacolo", la politica era teatro per lui, orgoglioso di discendere da una famiglia di commedianti. La politica era gesto, ammiccamento, boutade, colpo di scena, commedia. Commedia pirandelliana...
Credeva nella magia della parola, il “bel dire”, la dizione limpida, la pronuncia ripulita da accenti o cadenze, il linguaggio del corpo mellifluo e armonico oppure marziale, a tratti quasi sacrale.
Durante la sua carriera politica seppe più volte vestire i panni di diversi personaggi, proprio come a teatro, così all’Almirante di lotta si sostituiva l’Almirante “in doppiopetto” a seconda delle stagioni politiche.
Certamente uno meriti storici innegabili di Almirante è quello di essere riuscito a mediare tra le infinite di correnti di pensiero che animavano il dibattito interno alla destra italiana, riuscendo a ricondurre al dibattito democratico molte frange del movimentismo giovanile che altrimenti sarebbero certamente cadute nelle fauci dell’extraparlamentarismo sovversivo.
L’Almirante statista fu proprio quello che in segreto incontrava Berlinguer per fronteggiare in comune i canali di continuità tra i propri partiti e le frange estremiste.
"Che gioia -scandiva un anziano Almirante nel suo ultimo comizio in Piazza Navona- vedere tanta giovinezza nel Msi! Che gioia, per il vecchio segretario del partito poter dire di non aver lavorato invano! Non mi sono sacrificato invano!”; a questo punto, l’ordinato silenzio della piazza che ascoltava il segretario si interruppe con la voce di una ragazza che d’istinto gli urlò: “Sei giovane!”. Ecco la sintesi magica di quegli intensi anni, quando il vecchio segretario restava giovane con i giovani, legato dal sottile ma robusto filo dell’amore per le idee in cui si credeva e per le quali si combatteva.
“Tradurre le idee in azione”, lo diceva spesso Almirante, cosciente del fatto che in una società in continua evoluzione non bastavano le dispute filosofiche ad appassionare le masse, bisognava toccare temi reali, parlare al cuore della gente. Così Almirante, girando l’Italia in lungo e in largo, “come un apostolo”, ricorda Donna Assunta, non disdegnando di dormire in treni di terza classe, trasformava in verbo le idee del pensiero alternativo al sistema dominante.
Quel suo essere aulico ma al tempo stesso vicino alle masse lo resero popolarissimo specie al sud, dove spesso si schierò in favore dei diritti del proletariato dimenticato.
Una volta gli chiesero cosa sarebbe stato se non fosse esistito l'Msi e lui disse: socialdemocratico.
La seconda fase della vita politica di Almirante si aprì quando diventò segretario dell'Msi per la seconda volta, alle soglie degli anni Settanta. Collocò nettamente il suo partito alla destra, cavalcò battaglie da partito d'ordine, fino ad affiancare la storica sigla missina alla dicitura “Destra nazionale”. I frutti si raccolsero alle elezioni amministrative del '71 e poi alle politiche dell'anno dopo, moltiplicò la militanza e riempì le piazze fino all’inverosimile. Tutti, anche gli avversari volevano ascoltare Almirante. Sognò una destra nazionale che superasse l'originario neofascismo pur senza abiurarlo -secondo la formula di Augusto de Marsanich “non rinnegare non restaurare”- e che si aprisse ai monarchici, alla destra liberale e democristiana, ai partigiani bianchi. Il partito monarchico confluì nella destra nazionale. Quel progetto poi culminò nella “Costituente di destra per la libertà”, che fece presiedere a un partigiano cattolico, Enzo Giacchero.
Ma Almirante era troppo avanti. Il suo progetto fu aggredito da una risorta mobilitazione antifascista, guidata dal Pci ma teorizzata e istituzionalizzata dalla sinistra Dc tramite l'Arco costituzionale (il conio fu attribuito a De Mita). L'Msi fu ricacciato nel ghetto insieme al sogno della destra di governo.
E allora Almirante tornò “apostolo”, denunciando la corruzione del sistema politico e predicando anzitutto il suo vangelo solitario della “nuova repubblica” da edificare su presidenzialismo e elezione diretta dei rappresentanti politici, a partire dai sindaci fino ad arrivare al Presidente della Repubblica. Far contare di più gli italiani e meno i partiti.
Almirante morì nel 1988, solo qualche anno dopo quel sistema che lui per primo aveva picconato, crollò su se stesso. Fu allora chiaro a tutti, anche ai più acerrimi detrattori, che Almirante non era stato soltanto il leader di una piccola minoranza. Almirante aveva ragione!
Ma cosa resta oggi di Almirante? Il mondo è cambiato, e nell’Italia dell’infinito vuoto renziano e della destra che arranca tra mille faide, Almirante appare quasi come una figura mitologica.
Resta un dolce ed antico ricordo dell’uomo che immaginò il futuro ma che -in termini di successione- non ebbe la fortuna di vedere un raccolto all'altezza di quanto seminò. “Mancò la fortuna, non il valore”.

Alberto Cardillo, 05/08/14