sabato 26 aprile 2014

La Giarre dell'"Ordinaria amministrazione"

Quinto Fabio Massimo "il temporeggiatore"
E’ nella palude della ordinaria amministrazione che deve essere passato in sottordine il Piano di Risanamento Pluriennale del Comune di Giarre, balzato all’onore delle cronache nostrane e della iperbolica comunicazione del sindaco col nome di “Salva Giarre”. A che punto è la salvezza? Insomma può essere mai che i numeri di questo tecnico dei numeri ci stiano così tanto per ricevere il placet della Corte dei Conti? A nulla sono serviti i viaggetti romani del sindaco e anni di professione a mettere in colonna numeri? E poi è lecito chiedersi se c’era questo gran bisogno di salvezza non dovremmo essere già alla rovina senza che ancora sia stato approvato il piano salvezza? Cosa potrebbe accadere nella Giarrecontemporanea politica nel caso in cui il Piano non dovesse passare è meglio neanche pensarlo. Altro tema che pare essere rimandato nel tempo è quello del rimpasto di giunta, un rito da prima repubblica che il sindaco parvenu pare procrastinare non tanto per una questione di estetica ma per una certa incapacità a gestire gli appetiti di quanti in campagna elettorale, nel ballottaggio, nella formazione delle liste hanno dato una mano, ma anche per una aritmetica da Cencelli della spartizione dei 4 assessorati e del ristretto sottogoverno tra i partiti della maggioranza, che non vede mai i conti tornare. E allora è meglio attendere le europee, magari rinviare a dopo la festa di San Isidoro e poi ci sarà la pausa estiva e insomma Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore ha fatto scuola. Il vaso di Pandora della giunta, come un testamento politico di una amministrazione che rischia di non lasciare nulla in eredità alla città, è meglio non aprirlo. Si intensifica ancora il rapporto epistolare tra il sindaco Roberto Bonaccorsi e il Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, quasi a pensare che ci sia del tenero, ma pare che Crocetta non abbia corrisposto o almeno di questo non c’è notizia. Dopo consigli e preoccupazioni sulla riforma delle province della prima missiva, il sindaco adesso fa presente la situazione del Duomo, ma è mai possibile che non si sia mai accorto che nessuno gli abbia detto che dalla Regione non arrivavano pagamenti e che nessun interrogativo su quelle impalcature che cingevano il Duomo da prima della sua elezione sia sorto prima della omelia dell’Arciprete, e pure pare che viva a pochi metri dalla Chiesa. Altre nubi si addensano all’orizzonte della politica giarrese e altri numeri presto non torneranno, quelli del Progetto di Finanza che ha portato alla ultimazione del parcheggio multipiano e alla gestione delle strisce blu. Le mancate entrate per le sanzioni per mancato rinnovo del biglietto rappresenteranno un ammanco cui in qualche modo bisognerà far fronte e se è pur vero che i cittadini non vedranno più multe salate il rischio concreto è che importi molto simili dovranno venire dalle casse comunali. Come è noto il nuovo regolamento delle strisce blu ha raccolto il plauso popolare, chissà cosa accadrebbe però se sarà accertato che in virtù di un contratto tra la Giarre Parcheggi e il Comune di Giarre sarà giustificato una aumento delle tasse ai cittadini Giarresi per colmare la differenza tra quanto la società percepiva col precedente regolamento e quanto percepirà col nuovo. Le vittorie di Pirro del Consiglio Comunale giarrese sono note come la loro natura, la raccolta di consenso immediato senza cura per gli effetti futuri, come quando a fronte del mancato aumento dell’Imu fu raddoppiato il canone idrico. Forse il nuovo regolamento delle strisce sarà rimpianto come la 75 bis? Questa è Giarrecontemporanea.

S.S. - I Vespri

domenica 20 aprile 2014

Liberi Consorzi. Giarre mai più prigioniera di Acireale

Nelle ultime settimane la questione dei Liberi Consorzi sta assumendo dei contorni di difficile interpretazione, vuoi per la confusione generata dalla raffazzonata legge partorita dal Saro di Gela, vuoi per i vari ras politici locali che vorrebbero ognuno ritagliarsi una fetta di influenza in quello che potrebbe sembrare un nuovo giocoL' di spartizione politica.
Ed è purtroppo sul campo della spartizione politica che probabilmente si giocherà la partita della vita sui vari territori.
Sarebbe bello dare vita a questi nuovi enti partendo da una logica puramente ideale volta a mettere insieme territori geograficamente e culturalmente omogenei. Ma se i Comuni continueranno a fare solo baccano, così non sarà, e qualcuno deciderà per tutti.
Il rischio molto serio è che in questo risiko della lottizzazione politica Giarre resti stritolata tra i potentati che negli ultimi 20 anni hanno fatto il bello e il cattivo tempo nella zona jonica, Acireale e Bronte; guardare alle vicende degli ultimi anni che hanno interessato lo smantellamento dell’Ospedale di Giarre per credere.
E allora che fare? La settimana scorsa Dario Li Mura dalle colonne del nostro giornale ha prodotto una riflessione critica sul progetto del Consorzio Jonia-Taormina-Etna che ha dato spunto, però, ad un acceso ed interessato dibattito sul punto, in un momento in cui l’opinione pubblica sembra essere distratta o comunque poco interessata sul tema.
L’impianto della proposta del Consorzio Jonia-Taormina-Etna presentata dall’associazione giarrese “Città Viva” è certamente suggestivo e ambizioso, però gli ultimi stop più o meno altisonanti arrivati da partiti, sindaci e consigli comunali, hanno mostrato tutti i limiti di una buona proposta nata in un territorio culturalmente omogeneo ma politicamente sempre alla ricerca di un “padrone straniero”, patologia acuitasi dal momento in cui -ormai sono decenni- Giarre, città epicentro del territorio jonico, non esprime più una classe politica di rilievo.
E’ vero che questa proposta potrebbe essere migliorata, ad esempio sembra un po’ dispersivo lo sconfinamento del territorio del Consorzio oltre Taormina, sarebbe meglio sostituire quei Comuni d’influenza messinese con altri sulle pendici dell’Etna che più si confanno al criterio di omogeneità territoriale e culturale.
Al netto di quanto detto, comunque, l’idea di realizzare un consorzio di Comuni jonico-etnei con il contributo di Taormina è l’unica che possa evitare il pericolo sempre più evidente che Giarre e i Comuni jonici finiscano sotto “tutela” del Consorzio di cui Acireale vorrà essere capofila una volta fuori dalla Città Metropolitana di Catania. E’ questo il punto da scongiurare con ogni mezzo, non per inutili e anacronistici campanilismi, ma perché -come già detto- l’influenza politica acese non ha mai fatto bene alla nostra zona, anzi.
Ecco perché, partendo da legittimi punti di vista differenti, talvolta disaccordi, bisogna a tutti i costi trovare la sintesi per la realizzazione di un consorzio che veda Giarre capofila di un insieme di Comuni territorialmente omogenei e finalmente liberi dall’egoistica influenza di questa o quella segreteria di deputati regionali o nazionali.
Su questo punto ha ragione Salvo Liotta, relatore del progetto di Città Viva per il Consorzio Jonia-Taormina-Etna: “Vista la storia di questi decenni, prima la DC e poi i vari D'Agostino etc, al fine di spezzare questa sudditanza e trovare una vera autonomia territoriale, è necessario non avere Acireale nel nostro contesto. Poi non è del tutto scontato che Acireale sia il capofila! Purtroppo chi propone non conosce bene la normativa e le sue subdole prassi. Mi spiego, c'è la possibilità che Gela decida di confluire al consorzio dell'ex provincia di Catania, questo lo porrebbe ad essere comune con il maggior numero di abitanti e quindi a guida di tutta l'ex Procincia di Catania. Inoltre la costituzione che inglobi anche Taormina, presuppone comunque passare anche un referendum anche ad Acireale. Poi per espressa volontà degli amministratori del messinese meglio con la città metropolitana che con Acireale. Quindi alla luce di tutto questo meglio essere il Capofila di un territorio di altissimo potenziale, che vassalli di Acireale o peggio di Gela”.
Nel frattempo, però, invece di avere chiarezza e compattezza, si moltiplica la confusione e fioccano i distinguo, come quello del Sindaco di Giardini Naxos, Nello Lo Turco: “Siamo perplessi su quanto indicato dalla nuova legge regionale che sposta il baricentro dell’eventuale nuovo organo di organizzazione del territorio, verso la zona etnea ed in particolare Giarre e Riposto. Per quanto riguarda la mia città chiederò un consulto alle forze produttive, sociali e politiche della città prima di avviare qualsiasi tipo di decisione. Tengo a sottolineare che non manifesto titubanza ad indicare, invece, come zona di riferimento quella del Taorminese, del suo comprensorio e della Città del centauro stessa, per un’ eventuale nuova organizzazione del territorio che verrà fuori dall’abolizione delle provincie”.
Il tempo stringe, dibattete, confrontatevi, litigate, ma fate in fretta. Soprattutto fateci una promessa: mai più succubi di Acireale o Bronte, questa più che una battaglia politica è una battaglia di libertà.

(Alberto Cardillo - I Vespri, 19/04/2014)

sabato 12 aprile 2014

Jonica. Tutti i limiti del "Consorzio Jonia-Taormina-Etna"

Se quello di domenica scorsa doveva essere un convegno di studi sul libero consorzio, che ne approfondisse i profili normativi e gli elementi unificanti la perimetrazione territoriale, il progetto di sviluppo complessivo sotto i più diversi profili, ebbene di certo non lo è stato, per il sol fatto che non è intervenuto né un amministrativista, né un economista, né un sociologo, né un urbanista, insomma nessuno che approfondisse le molteplici caratteristiche scientifiche e tecniche a fondamento. Se invece doveva essere una manifestazione della volontà politica dei comuni interessati non lo era, perché il processo di costituzione di liberi consorzi vede attori principali i consigli comunali, che con apposita delibera dei 2/3 dei consiglieri di ciascun comune devono affermare la volontà di aderire ad un Libero Consorzio di nuovo costituzione, diverso da quello che ricalca i confini delle province regionali, al netto delle aree metropolitane (Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Comuni, con deliberazione del consiglio comunale adottata a maggioranza di due terzi dei componenti, possono esprimere la volontà di costituire, in aggiunta a quelli previsti dall’articolo 1, ulteriori liberi Consorzi che abbiano i seguenti requisiti: a. continuità territoriale tra i comuni aderenti; b. popolazione non inferiore a 180.000 abitanti) e altri attori principali del percorso di formazione sono i cittadini cui spetta l’ultima parola nel referendum confermativo, ma gli uni e gli altri –consiglieri e cittadini- erano nella gran parte assenti. C’erano alcuni sindaci, cinque in tutto, ma è chiaro che se una cosa ci insegna il modello di funzionamento dell’Unione Europea di questi anni è che gli accordi intergovernativi, tra esecutivi nazionali –e quindi portatori di interessi particolari- sono carenti di visione strategica e di partecipazione democratica. Si chiederà cosa c’entra con i liberi consorzi il c.d. metodo intergovernativo, c’entra il fatto che la proposta del Libero Consorzio denominato Jonia Taormina Etna –con rivendicazioni campanilistiche sin dal nome- viene promossa da un’associazione che ha sede a Giarre, senza essere dunque rappresentativa di interessi generali, e per la quale sorge spontaneo chiedersi quale sia il titolo di legittimazione a far proposte qua e là, e dai sindaci (metodo dunque similare a quello intergovernativo), che dal processo di costituzione sono lasciati a margine dal legislatore, e cercano per loro natura di costruire il nuovo ente evitando concorrenze interne e ritagliandosi posizioni di unicità, aiutati in questo da una legge che prevede solo il criterio di continuità territoriale e di soglia di abitanti, dando vita ad un agglomerato nel complesso disorganico e disomogeneo (cosa ci lega a Furci Siculo?) e a rischio di creare diseconomie di sistema. Una proposta seria non può lasciare a margine le opportunità turistiche, che costituiscono una risorsa produttiva dell’intera area, ma non si può ridurre tutto ad una visione olistica, dove la dimensione turistica sia assorbente, perché è chiaro che la triangolazione tra Etna-porto di Riposto e Taormina è un fatto, ma non ma non è secondario il ruolo di Giarre come centro erogatore di servizi, e centro scolastico, cui sono connessi rapporti con una serie di comuni che non possono essere esclusi dall’ambito del consorzio, proprio perché sono già parte di un sistema, e pure questo è un fatto. Certo, intorno a questa proposta si sta muovendo tutta la retorica dell’associazione che rende i cittadini protagonisti e la retorica dell’entusiasmo (di chi poi?), ma l’unico merito pare che sia quello di essere una proposta tattica, fatta per prima e in tempo, mentre per il valore potenziale dei liberi consorzi di comuni c’è bisogno di una proposta fatta per durare nel tempo e produrre benefici nel tempo, una proposta strategica. Per questo é impensabile disgregare e smembrare l’unita di comuni che condividono l’accesso alla sommità dell’Etna, separare Nicolosi e Zafferana da Linguaglossa e Randazzo, oltre al fatto che effettuare una gestione di servizi di area vasta senza Acireale, che è sostanzialmente contigua al nostro territorio per giungere invece alla Valle d’Agrò e Furci Siculo ecc… creerà gravi diseconomie e renderà vana la finalità del legislatore di realizzare una riduzione e revisione della spesa, ottimizzando la gestione dei servizi. Una decisione che ipoteca i nostri futuri non può essere demandata a portatori di interessi particolari ma ai tipici portatori di interessi diffusi: i partiti politici. E’ chiaro che questo rende necessaria una immediata attivazione dei partiti, in ordine all’individuazione di un percorso che intrecci relazioni politiche tra le assemblee comunali (che secondo la legge sono chiamate ad esprimersi), coinvolgimento delle popolazioni interessate dal sorgere del nuovo ente, partecipazioni scientifiche e tecniche sulle ragioni culturali, economiche, di sviluppo complessivo e all’impatto, agli effetti della gestione nuova originata dal nascere dei liberi consorzi di comuni.

(Dario Li Mura - I Vespri, 05/04/2014)

sabato 5 aprile 2014

Mascali. Cessata assistenza agli anziani: "Non ci sono le coperture"

Dalle nostre pagine più volte abbiamo raccontato e denunciato le condizioni di quasi abbandono nella quale versa la “depredata” Mascali, orfana di un’amministrazione politica perché un anno fa il Ministro dell’Interno decise di sciogliere la Giunta, aprendo le porte al triunvirato commissariale.
In questo anno di commissariamento in paese le cose non pare che girino meglio di prima -certamente le colpe non sono tutte dei commissari- e i mascalesi, comunque, hanno l’aria di un popolo rassegnato a sopportare, perché in Comune sciolto per due volte per mafia nel giro di vent’anni, “ne hanno viste così tante” che ormai ci si adatta a tutto.
Uno dei tanti servizi che il Comune non offre o non riesce più ad offrire -fate voi- è quello dell’assistenza domiciliare agli anziani, molti dei quali con problemi di disabilità. Da oltre un anno circa cento anziani attendono questo legittimo servizio, senza però avere alcuna risposta dal Comune.
Dal Municipio rendono noto che il è stato sospeso dal marzo 2013 servizio dal marzo del 2013 per mancanza di fondi. A denunciare questa situazione civilmente indecorosa è stato il movimento “La Nostra Mascali” che ha appurato con amarezza che il servizio di assistenza domiciliare è stato compiuto fino al 2 marzo del 2013 da una cooperativa sociale operante nel settore, ma da allora non è stato più rinnovato questo servizio per mancanza di copertura finanziaria. Attività di supporto, quelle sospese da circa un anno, che assicuravano assistenza, principalmente igiene personale e presso l’abitazione, a un centinaio di anziani, molti dei quali -come detto- disabili.
Per Giovanni Pellizzeri, leader de “La Nostra Mascali” “è inaccettabile assistere alla decurtazione di servizi essenziali come l’assistenza domiciliare con grave pregiudizio in particolare per le categorie deboli. Da mesi sono venuti meno – ed è molto grave – quei servizi imprescindibili volti ad assicurare a persone e famiglie interventi di assistenza, prevenendo quel gap discriminatorio che colpisce chi è affetto da disabilità, ma anche gli anziani che hanno un reddito basso, difficoltà sociali o problemi di autonomia familiare o economica. L’auspicio è che l’Amministrazione possa trovare e rapidamente le risorse necessarie per ripristinare un servizio fondamentale”
Ad Oggi il servizio è assicurato solo ad un numero ridottissimo di utenti, quelli più gravi, che il Comune di Mascali ha inserito nell’elenco dei servizi finanziati dalla Legge 328, nel quadro dei fondi regionali del Piano di Zona del distretto sanitario di Giarre.
Secondo il movimento “La Nostra Mascali”, la sospensione del servizio di assistenza domiciliare in favore delle categorie deboli è attualmente subordinata alla predisposizione del nuovo Bilancio comunale e al momento non si sa se verranno esaudite tutte le richieste di assistenza, e questa mancanza di certezze preoccupa molto quelle famiglie che vivono in oggettive condizioni di grande difficoltà.

(A.C. - I Vespri, 05/04/2014)



Giarre. La chance del comune come presidio dei diritti sociali

Alcune questioni sono balzate con diverso tono all’onore delle cronache giarresi: la crisi ormai intensa e persistente in cui versa l’Ipab Marano, cui solo marginalmente si può connettere il fenomeno di malapolitica per cui negli organi della stessa viene collocato personale politico di risulta, trombati, sottobosco politico e clientela; le tensioni con gli LSU che percependo in media somme inferiori ai mille euro dall’inps e che essendo in parte residenti fuori Giarre lamentano di dover affrontare le spese di viaggio con un certo pregiudizio per l’economia familiare; il contributo per le spese di trasporto scolastico comunale che sarà richiesto alle famiglie giarresi, eccetto quelle che per legge sono esenti; i guai del sistema di smaltimento dei liquami negli alloggi popolari di via Gorizia, fatto che si ripresenta ciclicamente, con annesso rimpallo di responsabilità tra comune e Iacp, con grave pregiudizio per la salute dei residenti, le condizioni di vita e della dignità cui essi come tutti hanno diritto. Queste quattro notizie che forse non fanno scalpore -e di certo non ne fanno abbastanza- evidenziano la centralità del comune come centro erogatore di servizi sociali, intensamente connesso alla qualità della vita quotidiana delle persone, la centralità nel rapporto relazionale con altri soggetti che collaborano alla prestazione dei servizi, il momento di grave ristrettezza economica e l’assenza di ogni minima strategia del comune volta ad far crescere la spesa sociale sacrificando altra spesa -quella della burocrazia comunale?- improduttiva quanto a soddisfazione dei diritti sociali. Queste quattro notizie sono degli allarmi, suonano perché ancora c’è qualcosa da salvare, questo qualcosa è uno degli ultimi presidi repubblicani dello stato sociale. I comuni per la loro vicinanza ai cittadini sono il più periferico dei recettori del dolore della distanza sociale. E’ per questo che nell’ultimo mese le richieste degli abitanti di via Gorizia sono finite per manifestarsi con una presenza fisica degli abitanti nella sala del consiglio comunale, è per questo che il consiglio ha discusso la questione Ipab ed è per questo che la protesta dei Lavoratori socialmente utili è stata mossa verso il sindaco, è il segno che questa istituzione è ancora vitale, i cittadini riconoscono un interlocutore e ciò ad ora ha impedito che i toni della protesta verso lo stato-istituzione deflagri definitivamente. C’è bisogno che arrivino le risposte concrete alla domanda di diritti che si solleva, ma due sono i problemi: lo stato delle casse del comune -certo- e la decisione politica di riconoscere in questi temi il carattere di priorità, ma questa è una giunta senza politica e dunque senza priorità che si innervino direttamente nella vita dei cittadini. Le priorità sono state la produzione di regolamenti su regolamenti nella prima fase dell’amministrazione, unitamente all’ingaggio di tecnici e tecnici, l’aumento di indennità di un segretario trasformato in superburocrate ministeriale, ciò fa di questa amministrazione un manipolo che si agita al di fuori della storia, senza il senso della politica, che mette a rischio il comune come presidio dei diritti sociali.

(Dario Li Mura - I Vespri, 05/04/2014)