sabato 11 ottobre 2014

Salvo Andò: “Crocetta non è in grado di governare, tira a campare. La Sicilia non può permettersi questo lusso”

Il Governo regionale è sotto assedio. Non passa giorno che non veda crisi politiche, sceneggiate di ogni tipo, denunce del Governatore su (presunti) continui complotti contro la sua “rivoluzione”, e poi proteste e manifestazioni di un popolo ormai allo stremo.
Per capire meglio il difficile momento della politica isolana, questa settimana abbiamo deciso di sentire l’autorevole parere di Salvo Andò, già Ministro della Difesa, maggiorente del Psi e Rettore dell’Università Kore di Enna.
Tra le altre cose, Andò qualche settimana fa è stato eletto presidente nazionale di Lab Dem, succedendo a Gianni Pittella, quest’ultimo nominato quale Capogruppo del Pse al Parlamento europeo. Lab Dem, libero pensatoio di matrice socialista in seno al Pd, ha riunito nei giorni scorsi il comitato regionale e attraverso un lungo dibattito ha fatto un’impietosa analisi della situazione politica regionale.

On. Andò, due anni dopo le elezioni che hanno portato Crocetta al Governo della Regione, come sta la Sicilia?
La Sicilia sta male. Dalla politica non arriva alcun segnale di possibili inversioni di tendenza tali da consentire un reale cambiamento.
Tutti gli indicatori economici vedono la Sicilia occupare posizioni di coda nelle graduatorie nazionali. Mi riferisco all’occupazione, alla deindustrializzazione dell’isola,ai finanziamenti che non si è capaci di spendere, ai fatti di mala amministrazione denunciati anche dalla Corte di Conti.


Ma quando si critica l’azione del Governo, qualcuno fa notare che la crisi non è solo siciliana…
La crisi c’è ovunque. E’ vero. La gente soffre al nord come al sud. Ma qui si ha l’impressione che nessuno sia in grado di trovare il bandolo della matassa. Si vive in una condizione di crisi politica permanente. I partiti paiono sfasciati, divisi su tutto. Capita che uno stesso partito sia contemporaneamente all’opposizione e al Governo. In questa situazione a poco valgono i viaggi a Roma per trovare una quadra,che riesca a compattare questa maggioranza. La soluzione va trovata a Palermo.Siamo di fronte ad una crisi ormai cronica sia della funzione di governo, che della funzione di rappresentanza;una crisi che sta portando al disfacimento delle istituzioni.

Crocetta risolverà i problemi interni alla maggioranza oppure già dalla prossima mozione di sfiducia rischia grosso?
La maggioranza o c’è o non c’è. Non può essere a geometria variabile.Se c’è lo deve dimostrare attraverso dei progetti sui quali scommette la propria esistenza. Deve indicare le priorità sulle quali essa si aggrega, e deve conquistare un consenso visibile all’interno dell’Ars. In questo campo non servono gli esploratori, i sensali, servono dirigenti politici leali che assumano precisi impegni, e che nel caso di “impraticabilità del campo” dicano a chiare lettere che non ci sono più le condizioni per andare avanti.

Ma la mozione di sfiducia annunciata dall’on. Musumeci ha speranze di passare o no?
Non so cosa possa produrre in concreto la mozione di sfiducia,visto che il suo accoglimento porterebbe allo scioglimento dell’Ars. La maggioranza dei parlamentari probabilmente voterà per la sopravvivenza dell’Assemblea pur essendo molto critica nei confronti del Governo. Il Governo sarà quindi costretto a vivacchiare dal momento che non riceverà una sfiducia,ma non avrà neppure la fiducia. Insomma chi dissente si darà da fare per bocciare tutte le iniziative del Governo.

Intanto la Sicilia pare essere davvero alla deriva. Mai un Governo è stato più impopolare…
La verità è che i costi umani della crisi continuano a crescere. Le imprese chiudono, le famiglie sono sempre più povere, i ragazzi scappano dalla Sicilia perché qui non c’è futuro. Oggi chi governa di fronte ai problemi posti dalla crisi inevitabilmente è impopolare e quindi registra insuccessi elettorali. Ma in Sicilia siamo di fronte ad una crisi politica che sta corrodendo profondamente il tessuto istituzionale.

Quindi cosa dobbiamo ancora aspettarci da questo Governo sempre più sotto assedio?
Pare che oggi la parola d’ordine che gira nei palazzi delle politica sia: “sopravvivere”, cioè non governare ma tirare a campare. Nella situazione attuale questo è un lusso che non possiamo più permetterci . Intendiamoci, questa situazione non nasce con Crocetta,il quale ha ricevuto una pesante eredità. Però c’è una oggettiva continuità con il precedente sistema politico che andava invece interrotta. Non basta fare volare gli stracci. Mi pare che gli interessi che aggregano le maggioranze siano sempre gli stessi. E questo non è un problema di forma, è un problema di sostanza.Come ne usciamo allora da questa situazione di impasse dove di riflesso è precipitata l’intera Sicilia?
Se la situazione di crisi è irreversibile, come molti fatti stanno a indicare, Crocetta potrebbe rivolgersi al corpo elettorale, spiegare dal suo punto di vista come stano le cose, chiedere un nuovo mandato chiarificatore, tale da porre fine a questa situazione di impasse. La funzione di una coalizione non può essere quella di arbitrare la distribuzione delle spoglie che tra l’altro sono poche, e spesso danno origine a risse a dir poco patetiche. Non si può governare la Sicilia in presenza di una situazione di rissa continua. Ormai il caso Sicilia è diventato un caso nazionale eclatante. Si è toccato il fondo con le elezioni suppletive di Siracusa che sono diventate un’altro test per capire chi tra Crocetta e i suoi avversari avrebbe avuto la meglio.

Appare chiaro che siamo nel bel mezzo di una situazione di caos senza precedenti. Chi e cosa possono oggi salvare la Sicilia?
Di fronte ad una crisi politica così evidente, visto che qui non c’è un arbitro super partes, che, come avviene a livello nazionale con il Presidente della Repubblica, garantisce il buon funzionamento delle istituzioni e ne sanziona il cattivo funzionamento, sarebbe necessario che l’Ars ,attraverso un dibattito chiarificatore, verificasse se esistono le condizioni per affrontare alcune priorità sulla base di un preciso cronoprogramma. Deve essere la stessa Assemblea a spiegare all’opinione pubblica siciliana le ragioni per cui essa deve sopravvivere. Se però si constata l’impossibilità di andare avanti è bene decidere consensualmente “il rompete le righe”.
Anche a livello nazionale vi sono dei problemi, ma almeno il premier Renzi si dà da fare per mettere in moto la macchina, non si perde in mediazioni estenuanti. Sa che ,una volta bloccato dal Parlamento,la soluzione inevitabile sarà quella di andare ad elezioni anticipate.


Secondo Lei, in questa situazione, cosa bisognerebbe fare per salvare la Sicilia?
Anzitutto evitare prediche virtuose a cui non seguono decisioni, spesso difficili, che vanno prese. E bisogna soprattutto evitare che altre imprese chiudano,essere più coraggiosi nel tagliare la spesa improduttiva anche a costo di inimicarsi alcuni settori politici ed economici,fare tutto ciò che è possibile per dare alla macchina amministrativa più velocità decisionale e più trasparenza.
Se davvero si vuole uno sviluppo autopropulsivo bisogna poi puntare sulle risorse umane, qualificarle,aiutando concretamente le istituzioni che si occupano di formazione e ricerca ad un certo livello,promuovendo una politica dell’internazionalizzazione,per esempio cofinanziando i programmi Erasmus, spendendo di più per il diritto allo studio.
Diverse regioni si stanno muovendo in questa direzione, nonostante le difficoltà del momento. Basti pensare a ciò che fanno in questo campo regioni come Sardegna e Puglia. Se dalla Sicilia i ragazzi scappano, per andare a studiare fuori, non solo per cercare un lavoro, avremo una popolazione di anziani e un’economia sempre più assistita. Qual è la visione di futuro per la Sicilia che il Governo ha? Qual è la sua politica energetica? Attraverso quali strumenti intende incrementare la qualità delle nostre produzioni perché risultino competitive?Ha un progetto per consentire alla Sicilia di essere in qualche modo attore dei processi di sviluppo che interessano i paesi della sponda sud del mediterraneo?
Ecco, una franca discussione su queste questioni potrebbe fare emergere dei segnali interessanti di ripresa della vita politica. Il primato della politica che tanti auspicano è fatto anche di confronti su queste grandi scelte. E ,invece. vedo che le discussioni più impegnative sono quelle che riguardano la nomina di un vice-vice capo di gabinetto,o di un commissario da inviare in questo o quell’ente,o di un esperto.


In questo quadro al quanto desolante, l’opinione pubblica è sempre più sfiduciata e lontana dalla politica…
Ciò accade per ragioni assolutamente comprensibili. Bisogna però reagire a questo declino,a questo senso di rassegnazione. La paralisi dell’attività di governo è la causa,o la concausa di tanti fatti di mala amministrazione. In questo contesto, stenta ad affermarsi una cultura dei diritti; sono sempre più numerosi i diritti negati, anche quelli che costituiscono il nucleo indisponibile dei diritti di cittadinanza, come il diritto alla salute, il diritto al lavoro. Siamo la regione con meno asili nido; ciò significa che possono lavorare solo quelle donne che hanno aiuto in famiglia o risorse economiche importanti alle spalle.

Eppure dalle parti del Governo si continua a parlare di riforme da fare lottando contro presunti “sabotatori” che Crocetta vede quasi ovunque…
Le riforme devono avere un senso unitario, una precisa idea dello sviluppo. Non possono essere un abito di Arlecchino. Per fare ciò occorre una maggioranza coesa, che condivida delle idee; insomma, una maggioranza che non sia legata solo da un vincolo spartitorio. La verità è che i partiti sono deboli in Sicilia, incapaci di affrontare una situazione come quella attuale. Non c’è dubbio che c’è una questione democratica da affrontare, a causa del declino dei partiti,dovuto alla loro scomposizione interna, alla loro privatizzazione. Sfasciare i partiti non è stata certo una buona idea per garantire stabilità al governo, anzi.
Intanto, dopo una breve luna di miele, la Sicilia torna a fare notizia negativa presso l’opinione pubblica nazionale, non solo regionale. Definitivamente finito il “fattore Crocetta”?
E’ verissimo. La Sicilia dopo le ultime elezioni regionali aveva avuto importanti aperture di credito –anche grazie alla storia personale di Crocetta- a livello di opinione pubblica nazionale. Il che costituiva una condizione assolutamente positiva per avviare un nuovo corso. Oggi pare che quel capitale di fiducia sia andato disperso. Siamo tornati a fare notizia per le criticità che caratterizzano il sistema politico regionale. Non si vede chi, come, quando, dovrebbe realizzare le grandi riforme di cui la Regione ha bisogno... Mi auguro che i grandi partiti a livello nazionale possano dare impulsi positivi affinché la Sicilia esca dal guado. A cominciare dal Partito Democratico che anche in Sicilia ha avuto un grande successo alle europee. Il rischio è che il caos che si è prodotto nella vita politica siciliana danneggi anche l’immagine di questo partito a livello nazionale,considerato che i cambiamenti annunciati da Renzi riguardano l’intero paese.
Per esempio la riforma delle Province?
Esatto. In tutta Italia si è proceduto nei giorni scorsi all’elezione degli organi di governo del nuovo ente intermedio. In Sicilia non si capisce neanche come esso sarà organizzato. Di fronte a tanto immobilismo ripensare alla specialità,riorganizzare i rapporti tra i diversi livelli di governo diventa una pia illusione. Eppure, siamo di fronte a riforme istituzionali che a livello istituzionale, sia pure tra mille difficoltà, si stanno facendo. Questo processo riformatore dovrebbe avere un riscontro anche a livello regionale,tenuto conto che siamo l’unica regione speciale del mezzogiorno,e che dovremmo costituire un punto di riferimento per quanti ritengono necessario porre al centro del dibattito politico la questione meridionale. Auspicabilmente in termini nuovi. Una macroregione meridionale potrebbe dare impulso all’intero sistema paese, e fare contare di più l’Italia nello scenario mediterraneo.

Alberto Cardillo, I Vespri, 11/10/14

Giarre. PRG, focus sulla perequazione

Diceva di avere il background progressista Roberto Bonaccorsi  e non perde occasione di giustificare i suoi atti amministrativi richiamando si all’autorità dei pareri dei soggetti più disparati.  Deve essergli sfuggito però quello che si  dice della perequazione (istituto del diritto dell’urbanistica non disciplinato nella Regione Siciliana e introdotto nel PRG Giarrese da un emendamento della maggioranza che “recepisce” l’atto di indirizzo della giunta) in un libretto edito in collaborazione tra la fondazione superprogressista di Massimo Dalema ItalianiEuropei e Cittalia Fondazione Anci Ricerche. Ecco cosa scrive Stefano Stanghellini (insegna Estimo all’Universita IUAV di Venezia): “La perequazione, la compensazione e l’incentivazione urbanistica in ambito nazionale hanno ricevuto finora solo episodici e parziali riconoscimenti dal legislatore nazionale. E purtroppo talvolta questi frammentari riconoscimenti sono stati generatori di ulteriori incertezze giuridiche, come nel caso dei suoli per l’edilizia residenziale sociale come standard urbanistico aggiuntivo. Talaltra hanno dato luogo a interpretazioni scorrette,lesive della ragione stessa della pianificazione. Si fa riferimento alla trascrizione nei registri immobiliari dei “diritti edificatori”generati dalla perequazione urbanistica, dalle compensazioni o dalle incentivazioni previste negli strumenti urbanistici (ar56 ticolo 5 comma 3 del decreto legge 70/2011 convertito con lalegge 106/2011). L’obbligo della trascrizione non basta. Il legislatore nazionale deve aggiungere che i “diritti edificatori” variamente generati dagli strumenti urbanistici dei Comuni possono trasferirsi solo fra proprietà immobiliari catastalmente individuate. Occorre ribadire che la loro generazione e il loro utilizzo hanno finalità progettuali e sono disciplinate dal piano urbanistico: quindi, questi “diritti edificatori” o “crediti edilizi” non se ne stanno “in volo”, non fanno “finanza creativa”, non sono “carta-moneta” prodotta dai Comuni attraverso la pianificazione urbanistica, di cui un qualsiasi operatore economico può appropriarsi mentre sono “in volo” per poi negoziarne con il Comune l’“atterraggio” e quindi il valore.” Quanto scrive il professore è sufficientemente chiaro è quindi dovrebbe essere bene accolto dall’amministrazione “trasparente”, in più ha il pregio di essere scritto su una fonte accreditata di grande progressismo che fare sindaco del suo “background progressista”? Faremo anche di questo assieme alla perequazione “carta-moneta”? I contorni, le regole, la previsione progettuale, l’idea di citta cui la perequazione dovrebbe solo essere strumentale non ci sono, che fare? L’idea poi che dei diritti edificatori se ne stiano “in volo” in attesa dell’”atterraggio” che genera “valore” rende in tutto e per tutto l’immagine di una urbanistica esposta alla mercè di avvoltoi della speculazione, in una città in cui le incompiute sono patrimonio genetico il rischio è che Giarre sarà esempio della peggiore urbanistica e a quel punto non Basterà né il Mercato del Contadino né Girare Pagina.

di Spectator

sabato 4 ottobre 2014

Giarre. Il sindaco Bonaccorsi indagato per falso ideologico

Il 21 giugno 2013 Nello Musumeci in piazza Arcoleo affermava: “Roberto a Catania ha evitato il dissesto”. Senza tema di smentite così risulta dalla pagina facebook ufficiale di Roberto Bonaccorsi. Già prima di quel 21 Giugno e ancora dopo Roberto Bonaccorsi non ha mai smesso di richiamarsi alla correttezza, alla professionalità della sua esperienza catanese quale assessore al Bilancio, la mostrava come si fa con la più luccicante delle medaglie. Poi la tempesta. Improvvisi piovono gli avvisi di garanzia e uno raggiunge pure il ripostese –ora giarrese- Roberto Bonaccorsi, assieme a lui ce n’è per l’ex sindaco Stancanelli, l’ex assessore Riva e numerosi dirigenti del comune del capoluogo etneo. L’accusa aver concorso a dissimulare la reale situazione economico finanziaria del Comune di Catania alterando talune poste dei bilanci degli anni 2009, 2010 e 2011, allo scopo di evitare la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’Ente locale e lo scioglimento del Consiglio Comunale.
A seguito di esame degli inquirenti che si sono avvalsi della consulenza scientifica di un professore ordinario di “Economia ed Amministrazione delle Aziende Pubbliche” dell’università di Palermo, sono state riscontrate significative anomalie scura l’ombra dell’ignominia: da mago dei conti a illusionista da fiera, uno di quelli con la cassettina di legno e le tre carte. Ed è in questa magica o sarebbe meglio dire illusionistica cornice che ai microfono di Prima Rete l’emittente locale giarrese, il sindaco Bonaccorsi passa dal trionfalistico “Ho salvato Catania” ad un più mesto “Faccio parte di un percorso intermedio” riferendosi al ruolo nel rendiconto del comune di Catania. Ora non sfuggirà neppure al più distratto dei lettori: o ha salvato Catania o faceva parte di un percorso intermedio. Sia come sia, è stato intaccata la gloria delle gesta bonaccorsiane all’ombra du liotru. E’ lecito adesso che data la rilevanza delle accuse mosse e al fine di scongiurare interventi successivi nel tempo che risultino infine tardivi, chiedere che vengano accuratamente esaminati i bilanci del Comune di Giarre così come emergono dal rimodulato Piano Pluriennale di Risanamento, piano che risulta essere stato raddoppiato nella sua lunghezza totale dal Bonaccorsi, con una operazione di ripartizione delle somme da accantonare negli anni al fine di soddisfare i creditori dell’ente negli ultimi 5 anni, così da sgravare in certo senso questi anni di amministrazione Bonaccorsi. Notevoli rilievi sono stati mossi sia per quanto riguarda le somme riscosse dal comune quali tariffa idrica (la cui determinazione sindacale di aumento dei costi è oggetto di inchiesta) e tassa sui rifiuti, specie in ragione del fatto che in periodi in cui la differenziata non è stata eseguita è stato comunque addebitato il costo ai contribuenti oltre ad una non meglio identificata voce “altri costi” che gonfierebbe non si sa a che titolo il costo complessivo del servizio. Ancora dubbi rilevanti sono quelli in merito alla efficacia delle azioni di spendig review effettuate: sono stati realmente abbattuti i costi per gli affitti di immobili? Sono stati davvero disdettati gli operosi contratti di fornitura di servizi telefonici e elettrici? È davvero un risparmio il pool legale o piuttosto una spesa inutile e un abuso per i modi in cui è stato attribuito l’incarico per il servizio? E ancora, si può sapere quanto è l’ammontare certo dei passivi del comune? Non si stupisca il lettore di tutte queste domande, c’è da fare chiarezza, in fondo quello per cui è accusato Bonaccorsi a Catania –ilfalso ideologico- è il modo dei giuristi per definire una balla colossale.nella formazione e nell’approvazione dei documenti contabili in argomento, con specifico riferimento a: -appostamento in bilancio di ingenti quote di “residui attivi” risalenti nel tempo e di dubbia esigibilità, per un importo complessivi di oltre 270 milioni di euro; - “debiti fuori bilancio” per oltre 78 milioni di euro, la cui certezza in ordine alla manifestazione finanziaria avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione comunale all’individuazione delle necessarie coperture; - disallineamenti contabili emergenti tra i valori iscritti in bilancio dall’ente locale controllante (Comune di Catania) rispetto a quelli rilevati nei bilanci delle società partecipate per circa 34 milioni di euro; - classificazione di somme, pari a circa 20 milioni di euro, nell’ambito di voci di bilancio dalle quali non emergeva la loro natura di passività. Ed è così che sulla epopea catanese di Bonaccorsi, mito fondativo del tecnico trasversale, buono per ogni padrone, cala il sipario.

Spectator, I Vespri, 04/10/14