
L’operazione ha già fatto
scattare le manette per 26 persone, ma
non per due indagati eccellenti: il Sindaco di Mascali Filippo Monforte e l’ex
assessore all’ambiente del Comune di Giarre Piero Mangano, poiché il Gip ne ha rigettato l’istanza a
loro carico formulata dalla Procura di Catania.
Secondo
ambienti vicini alla procura, presto potrebbero arrivare nuovi colpi di scena,
allargando ancor più un quadro di attività criminali nato e cresciuto sugli
enormi guadagni ricavati dagli illeciti connessi allo smaltimento dei rifiuti
dei paesi della fascia jonica.
Tutto
è partito da intercettazioni e pedinamenti mirati che pian piano, con l’ausilio
di attività di riscontro sul territorio, hanno permesso di individuare come
personalità di spicco del clan Cintorino avessero allacciato stretti contatti
con funzionari della societa Aimeri di Milano, quest’ultima incaricata dall’Ato
Joniambiente per la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti dei comuni di Bronte, Calatabiano, Castiglione di
Sicilia, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Maniace,
Mascali, Milo, Piedimonte Etneo, Randazzo, Riposto e Sant’Alfio. L’elemento che
ha reso l’indagine ancor più interessante e profonda nella sua trama
investigativa, è la connivenza di taluni settori delle amministrazioni locali,
i quali, sempre secondo le ricostruzioni della DIA, operavano in accordo con la
mafia al fine di pilotare scelte riguardanti la raccolta e il conferimento in
discarica, anche di materie di riciclo. Nel mirino della
magistratura sono inoltre finiti i lavori per la rimozione di varie
microdiscariche
affidati mediante la procedura di somma urgenza.
Interessati
da questo filone dell’indagine sono funzionari e amministratori di Giarre e Mascali,
infatti nelle settimane scorse sono state effettuate numerose perquisizioni
documentali che hanno fatto emergere palesi irregolarità che consentivano all’organizzazione
di lucrare alle spalle dei contribuenti. Per esempio, dagli atti dell’indagine
è emerso che l’organizzazione aveva messo in piedi un sistema per falsificare
il peso dei rifiuti conferiti nelle discariche, aumentandone la portata con
materiali riciclabili e non, provenienti dalla provincia di Messina, in questo
modo lievitavano i costi per l’Ato e conseguentemente per i Comuni.
Nei
mesi scorsi era apparso a tutti chiaro che qualcosa non funzionasse negli
ingranaggi della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nella zona di
competenza della ditta Aimeri: autocompattatori dati alle fiamme da ignoti, piano
raccolta differenziata quasi al collasso, mancata raccolta dei rifiuti con
annesso rischio sanitario. Su questo il presidente dell’Ato Joniambiente,
Francesco Rubbino, ha tenuto a precisare che “la società Ato è pronta a
collaborare con la magistratura, affinché anche in un settore difficile come
quello dei rifiuti possa essere fatta giustizia. La Joniambiente del resto non
ha assolutamente mai avuto rapporti con altre società coinvolte nell’inchiesta,
ne mai ha sub appaltato lavori. L’unico rapporto che abbiamo tenuto è stato con
l’Aimeri Ambiente, cui abbiamo contestato milioni di euro di penalità per
servizi non svolti”. Ma visto che i disservizi causati dall’Aimeri erano così
evidenti ed in contrasto con il pubblico interesse, in molti si chiedono perché
non ci si è adoperati alla rescissione del contratto. Sempre secondo Rubbino,
la rescissione è stata impedita dalla normativa regionale e addirittura l’Ato
sarà costretto a continuare a servirsi dell’Aimeri fino alla scadenza del
contratto. Oltre al danno anche la beffa.
Come
se non bastasse, a contorno del già descritto quadro criminale, grazie alle
intercettazioni telefoniche sono emerse altre
gravi attività illecite come il traffico di armi e di droga. A tal proposito,
però, il Gip ha rigettato alcuni degli atti presentati dalla DDA di Catania
(tra cui anche alcune richieste d’arresto), aprendo uno scontro interno alla
magistratura, con la procura che ha deciso di presentare ricorso al Tribunale
del riesame.
In
tutta questa storia c’è un Comune che in particolare sta seguendo questa
vicenda con estrema preoccupazione, stiamo parlando del Comune di Mascali. Il
municipio della cittadina jonica in questione non è nuovo a vicende di
inquinamento criminale, nel 1992 il consiglio comunale fu sciolto per
infiltrazione mafiosa, aprendo la strada alla stagione dei commissari. Oggi il
timore (per altri la speranza) è che oggi tutto ciò possa ripetersi, dato che
ad essere indagati, come già sottolineato, sono pezzi da novanta. Rischiano
molto il Sinadco Filippo Monforte, accusato di corruzione aggravata (e
favoreggiamento) insieme all’ex assessore Rosario Tropea e Bruno Cardillo, ex
dirigente comunale. Secondo l’accusa, grazie ai documenti acquisiti durante le
perquisizioni, vi sono elementi incontrovertibili che provano il legame tra
l’ente comunale e la cooperativa “Alkantara 2001”, gestita da Roberto Russo,
dipendente Aimeri, elemento di spicco del clan mafioso dei Cintorino, già in
stato d’arresto dal maggio scorso.
Insomma sembra esserci
abbastanza carne al fuoco per determinare un terremoto politico e giudiziario
che da Mascali potrebbe allargarsi anche ad altri Comuni. Intanto, però, l’ amministrazione
comunale di Mascali, ridotta ai minimi termini, senza un Consiglio comunale (a
dicembre si è verificata “la grande fuga” dell’ex presidente del Consiglio Biagio
Susinni seguito da un cospicuo drappello di consiglieri), massacrata dalle
pesanti e inquietanti inchieste giudiziarie, continua nella propria attività.
Stesso discorso (anche se da una posizione d’inquinamento meno pesante) vale
per l’amministrazione giarrese della Sig.ra Sodano, dilaniata dalle spaccature
interne alla propria maggioranza e che per bocca del Presidente del Consiglio
Musumeci “è riuscita a centrare l’unico obiettivo di aver condotto il Comune
sulla via del dissesto finanziario”. Andreotti docet: “Meglio tirare a campare
che tirare le cuoia”.
(Alberto Cardillo - I Vespri)
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