Nei mesi scorsi ci siamo occupati delle vicende riguardanti le commistioni tra mafia e istituzioni che hanno investito il Comune di Mascali.
Da fonti ben informate della Prefettura di Catania avevamo anticipato che ogni giorno di più era sempre più probabile lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. La cronaca dei fatti conferma che le nostre anticipazioni sono state azzeccate.Ma riavvolgiamo il nastro degli ultimi mesi per capire a come si è arrivati a questa grave decisione del Consiglio dei Ministri.
Tutto è partito dall’operazione “Nuova Ionia” condotta dalla Direzione investigativa antimafia di Catania che ha permesso di scoperchiare il vaso di pandora sulla sequela di corruttele e connivenze pericolose messa in piedi tra criminalità organizzata, rappresentanti delle istituzioni locali e società addette allo smaltimento dei rifiuti.
Dopo una lunga indagine realizzata anche con l’ausilio di intercettazioni ambientali e telefoniche, è stato possibile il capire come personalità di spicco del clan Cintorino avessero allacciato stretti contatti con funzionari della societa Aimeri di Milano, quest’ultima incaricata dall’Ato Joniambiente per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti dei comuni di Bronte, Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Maniace, Mascali, Milo, Piedimonte Etneo, Randazzo, Riposto e Sant’Alfio. L’elemento che ha reso l’indagine ancor più interessante e profonda nella sua trama investigativa, è stata la connivenza di taluni settori delle amministrazioni locali, i quali, sempre secondo le ricostruzioni della DIA, operavano in accordo con la mafia al fine di pilotare scelte riguardanti la raccolta e il conferimento in discarica, anche di materie di riciclo. Nel mirino della magistratura sono inoltre finiti i lavori per la rimozione di varie microdiscariche affidati mediante la procedura di somma urgenza.
In questo calderone del malaffare era apparsa subito molto pesante la posizione di alcuni “uomini dello Stato” del Comune di Mascali. Secondo l’accusa, grazie ai documenti acquisiti durante le perquisizioni, vi erano elementi incontrovertibili che provavano il legame tra l’ente comunale e la cooperativa “Alkantara 2001”, gestita da Roberto Russo, dipendente Aimeri, elemento di spicco del clan mafioso dei Cintorino, già in stato d’arresto dal maggio scorso. Tutt’oggi il Sinadco Filippo Monforte, è accusato di corruzione aggravata e favoreggiamento insieme all’ex assessore Rosario Tropea e Bruno Cardillo, ex dirigente comunale.
Nei mesi scorsi l’ex Sindaco e Presidente del Consiglio comunale Biagio Susinni, aveva fiutato con arguzia che a Mascali tirava una brutta aria, rassegnando le sue dimissioni, seguite da un’altra valanga di dimissioni di quasi tutti i consiglieri, “la grande fuga”.
Forse -pensano in molti sia in città che negli ambienti vicini alla Prefettura - se anche il Sindaco Monforte avesse seguito la strada delle dimissioni a Mascali sarebbe stata evitata l’infamia dello scioglimento per infiltrazione mafiosa per la seconda volta in 20 anni.
“A Mascali comanda la mafia - afferma un dipendente comunale che ha preferito rimanere nell’anonimato -, ma non è che la mafia è quella dei film americani, quella della lupara e la coppola. E’ un modo di fare, tra privati e nella gestione della cosa pubblica. Gli inquirenti hanno potuto appurare come nella gestione del Comune molte cose erano pilotate con criteri non legali, per favorire chi e in che misura lo vedremo in sede processuale. Adesso - prosegue il dipendente comunale - si riapre la stagione dei commissari, un salto nel passato per tutta la città, un’altra umiliazione. Da dipendente onesto però, credo di poter dire che è meglio lavorare sapendo che al vertice ci sono uomini dello Stato veri.”
Intanto, nel clima pesantissimo nel quale è ripiombata Mascali, si ode sempre più forte il tintinnio delle manette, riproponendo il triste spettacolo della stagione di tangentopoli.
(Alberto Cardillo - I Vespri)